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Secondo il ministro, se Regione Puglia e Bari non ritireranno il ricorso al Tar, lo stabilimento potrebbe già chiudere a inizio 2018
Se il Comune e la regione Puglia non ritirano il ricorso al Tar sull’Ilva “il tavolo è concluso”. Lo ha detto Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico, al termine del tavolo istituzionale.”Continueremo ad andare avanti con investitore, ma se la condizione è costruire un’addenda contrattuale con garanzia dello Stato, non posso fare assumere a stato responsabilità di 2,2 miliardi di euro per pagare il conto del ricorso”, ha aggiunto Calenda. “Se permane la misura sospensiva presentata al Tar insieme al ricorso da Comune di Taranto e regione Puglia “e il 9 gennaio venisse accolta, inizia il processo di spegnimento dell’Ilva. “Abbiamo chiarito, una volta per tutte che l’accettazione della misura cautelare presentata da Comune e Regione determina la chiusura dell’impianto Ilva perché scadono i termini Aia, su questo il ministero dell’Ambiente è stato tassativo”. Un punto più sostanziale, secondo Calenda, è che “anche con il ritiro della misura cautelare, la presenza di un giudizio di merito dei giudici che può arrivare anche dopo 2-3 anni, determina la sospensione degli investimenti dell’investitore che perderebbe tutti i soldi che ha investito (se il ricorso venisse accolto ndr). “Ergo l’investitore dice: io rimango se non si ritira ricorso, ma lo Stato mi deve garantire che se il Dpcm viene invalidato da ricorso, lo stesso Stato mi ridà uno per uno tutti i soldi spesi”. Per Calenda “non si può accettare che la valutazione del danno sanitario venga fatta sulla base di una legge regionale quando la corte costituzionale ha detto che va fatta su una legge nazionale” e nemmeno “che si dica, come è stato fatto da Michele Emiliano, “intanto ritiro la misura cautelare, ma ricorso al Tar lo lascio in piedi”, perché questo comporta un costo per stato di 2,2 miliardi di euro”.
Fonte: Italia Oggi
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