[:it]
“Tutti cambiamenti che finiscono con il creare conflitti militari”
(Finanza.com) Sui mercati mondiali si smorza la paura di una imminente guerra commerciale Usa-Cina. Dopo l’annuncio di Donald Trump su dazi doganali del valore fino a $60 miliardi contro Pechino, dopo che si è temuto il peggio, dal Financial Times sono arrivate indiscrezioni, secondo cui la Cina avrebbe proposto di acquistare una quantità maggiore di semiconduttori di aziende americane, allo scopo di alleviare il surplus che vanta verso gli Stati Uniti.
Il Wall Street Journal ha confermato che le controparti hanno iniziato a trattare “in modo tranquillo” sui loro rapporti commerciali, e lo stesso consigliere al commercio della Casa Bianca, Peter Navarro, ha detto di “avere speranza” riguardo alla possibilità che la Cina lavori con Washington per risolvere i problemi legati al commercio.A muoversi nella direzione del dialogo, è stato anche il premier cinese Li Keqiang, che ha auspicato che le parti “si attengano ai negoziati” per risolvere le loro differenze.Guardando alla performance di Wall Street e non solo, si può dire che è innegabile ormai che le tensioni commerciali, politiche e geopolitiche stiano condizionando in misura sempre più incisiva il trend dei mercati.Ne parla anche Ray Dalio, fondatore e gestore di Bridgewater Associates, hedge fund numero uno al mondo, conosciuto in Italia soprattutto per le sue puntate short contro Piazza Affari. “La politica sta ricoprendo un ruolo più grande nell’influenzare i mercati rispetto a quanto avvenuto finora e, insieme agli altri, sto ancora cercando di capire dove Donald Trump ci sta portando, specialmente guardando al commercio e ad altre guerre”, scrive Dalio in un post su LinkedIn.Ora, “visto che Donald Trump sembra desideroso di entrare in una guerra commerciale più di quanto lo sia stato qualsiasi presidente (Usa) dai tempi di Herbert Hoover, e visto che iniziare una guerra commerciale è come lanciare sassi contro gli ingranaggi dell’economia mondiale, le sue recenti mosse spaventano ovviamente i mercati”.Per Dalio, lo scenario più probabile è quello tuttavia di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina, che rintuzzerà il rischio di una guerra combattuta a colpi di dazi, e che allenterà le tensioni. “E questo piacerà ai mercati” (come si sta vedendo in queste ore).Tuttavia, ammette il gestore, “non posso fare a meno di chiedermi se questa guerra commerciale faccia parte di un conflitto imminente ancora più grande”.In particolare, “l’analogia con la fine degli anni Trenta continua a risuonare nella mia testa, ovvero la confluenza di divari nei redditi e di stress economico che porta al populismo sia la sinistra (con il comunismo), che la destra (con il fascismo), accompagnata da cambiamenti nell’ordine mondiale che implicano una transizione da un potere dominante che viene fuori dalla Grande Guerra a un potere rivale in ascesa. Tutti cambiamenti che finiscono con il creare conflitti militari”, dunque guerre.In questo contesto è fondamentale, secondo Dalio, proteggersi con un portafoglio liquido, flessibile e anche diversificato, in modo da non essere troppo concentrati sui rischi. “In questi tempi – prosegue Dalio dopo aver fatto il parallelismo con gli anni Trenta – una democrazia caotica e un commercio laissez faire tendono a lasciare il posto a un autoritarismo più diretto e a un “capitalismo di stato”, ovvero a un governo che fa in modo che le attività di business siano al servizio degli interessi del paese, e non al servizio degli interessi degli azionisti. E’ notevole il fatto che Donald Trump, nello stesso momento in cui i dazi sono stati annunciati, abbia cambiato i leader chiave (della sua amministrazione), passando da funzionari moderati a funzionari più duri, che sono maggiormente inclini a credere che conflitti più forti siano probabili/giustificati”.”Certamente – sottolinea Dalio – ci troviamo in un periodo in cui l’ordine mondiale tra cambiando, da uno dominato dagli Stati Uniti a uno multipolare; dove le differenze di reddito sono ampie e stanno crescendo; dove a crescere sono anche il populismo, il nazionalismo, il militarismo: e questi fattori avranno probabilmente un ruolo sempre maggiore nel condizionare le economie e i mercati (per esempio, il populismo in Messico come manifesto delle elezioni di luglio potrebbe avere un effetto maggiore sull’economia e sui mercati del Messico rispetto a qualsiasi altra cosa)”.[:]