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Il nuovo ceo Manley alla prova del mercato
(Il Sole 24 Ore) – Sergio Marchionne «non potrà riprendere la sua attività lavorativa». Le condizioni di salute del manager, ricoverato in terapia intensiva all’Universitatsspital di Zurigo dopo essersi sottoposto nelle scorse settimane ad un intervento chirurgico, sono ormai ritenute irreversibili per «complicazioni inattese durante la convalescenza».
«Per tanti Sergio è stato un leader illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile. Per me è stato una persona con cui confrontarsi e di cui fidarsi, un mentore e soprattutto un amico». Lo afferma John Elkann presidente di Fca. «Sono profondamente addolorato per le condizioni di Sergio. Si tratta di una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia. Il mio primo pensiero va a Sergio e alla sua famiglia». Elkann chiede a tutti «di comprendere l’attuale situazione, rispettando la privacy di Sergio e delle persone che gli sono più vicine».
L’agenda del nuovo ceo Manley
È intanto già al lavoro Mike Manley, il nuovo amministratore delegato di Fca. Il primo appuntamento in agenda, dopo la rivoluzione al vertice, è la riunione a Torino, al Lingotto, lunedì e martedì, del Gec (Group Executive Council), l’organismo decisionale del gruppo, costituito dai responsabili dei settori operativi e da alcuni capi funzione e guidato dall’amministratore delegato. In tutto una ventina di top manager che fanno quindi riferimento a Manley. Il Gec -articolato in quattro strutture principali: ambiti regionali, brand, processi industriali, funzioni corporale – si riunisce una volta al mese in sedi diverse e la scelta di Torino era già stata fatta.
La scelta è di andare avanti con il piano industriale presentato il primo giugno a Balocco, la parola d’ordine è continuità. Mercoledì saranno resi noti i conti del secondo trimestre 2018 di Fca, con l’annunciato azzeramento del debito. Il giorno successivo quelli di Cnh Industrial. I fari sono puntati anche su Piazza Affari per capire quale sarà, alla riapertura, l’impatto della svolta sui titoli del gruppo.
La lettera di Elkann ai dipendenti
«Saremo eternamente grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per avere reso possibile ciò che pareva impossibile. Ci ha insegnato ad avere coraggio, a sfidare lo status quo, a rompere gli schemi e ad andare oltre a quello che già conosciamo». Ha scritto il presidente di Fca John Elkann ai dipendenti del gruppo, in una lettera inviata dopo la nomina di Mike Manley. Sono certo che tutti voi fornirete il massimo supporto a Mike, lavorando con lui e con il team di leadership al raggiungimento degli obiettivi del piano industriale 2018-2022 con lo stesso impegno e la stessa integrità che ci hanno guidato finora».
I messaggi della politica
Tanti anche i messaggi di vicinanza della politica, dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che si è informato subito con l’azienda, all’ex premier Silvio Berlusconi, «colpito», per l’aggravarsi così repentino delle condizioni di quello che «è certamente il numero uno dei manager italiani». «Chapeau», aveva twittato anche l’ex premier Matteo Renzi, mentre la «riconoscenza» e il «rispetto» sottolineati da Matteo Salvini, anche il vicepremier Luigi Di Maio si dice rammaricato di non aver incontrato il manager, con cui gli sarebbe piaciuto parlare di auto elettrica.
Quattordici anni al Lingotto
Qualcuno era pronto a scommettere che alla fine, nel 2019, non sarebbe andato via perché era difficile immaginare per Fca un “dopo Marchionne”. Ma lui, il manager filosofo che nel 2004 ha saputo gettarsi in un’impresa impossibile, salvando la Fiat dal fallimento e risanandola, ha lavorato fino all’ultimo per mettere a punto i piani del futuro.
Il primo giugno li aveva illustrati a Balocco, in una giornata lunga e faticosa, che ancora non lasciava presagire quanto è accaduto. Nato a Chieti 66 anni fa, figlio di un maresciallo dei Carabinieri, Sergio Marchionne ha lasciato, in anticipo sulla tabella di marcia prevista e sempre confermata, le redini di Fca, Cnh Industrial e Ferrari.
Un uomo capace di fare scelte impopolari, protagonista del duro scontro frontale con la Fiom, negli stabilimenti e nelle aule dei tribunali, sul nodo della governabilità delle fabbriche contro assenteismo e microconflittualità diffuse. Una condizione per investire a Pomigliano e poi a Mirafiori, dove la maggioranza dei lavoratori approva gli accordi. Un altro fronte, destinato a ridisegnare le relazioni industriali, Marchionne lo apre con Confindustria annunciando a fine 2011 l’uscita dall’associazione. Una decisione clamorosa perché all’inizio del ‘900 la Fiat era stata uno dei suoi soci fondatori.
Studi in Canada (tre lauree in Filosofia, Economia, Giurisprudenza e master in Business Administration), domicilio in Svizzera, dove abita l’ex moglie, due figli, Marchionne, l’uomo dal maglioncino nero, ha vissuto gli ultimi anni tra Torino e Detroit, guidando la “rivoluzione” che ha portato in Borsa Cnh Industrial e Ferrari. A Maranello, dove ha preso le redini della Rossa nel 2014, sarebbe dovuto rimanere fino al 2021, due anni ancora dopo l’addio a Fca.
Un manager al centro anche delle relazioni politiche mondiali, da Obama a Trump, che in Italia ha respinto l’invito di Silvio Berlusconi a candidarsi con il centrodestra e ha avuto una lunga luna di miele con l’ex premier Matteo Renzi dal quale ha poi preso le distanze.
A Torino Marchionne lo aveva portato Umberto Agnelli, che lo aveva conosciuto in Sgs e lo aveva voluto nel consiglio di amministrazione. Il primo giugno 2004, pochi giorni dopo la morte di Umberto, è l’uomo scelto per guidare la rinascita, con Luca di Montezemolo presidente e John Elkann vicepresidente. Sul fronte finanziario i primi successi del manager italo-canadese sono la rottura dell’alleanza con Gm, che impedisce l’acquisto di Fiat Auto da parte della casa Usa e l’accordo con le banche sul convertendo da 3 miliardi di euro, grazie al quale gli Agnelli mantengono il controllo. Marchionne, che il 17 febbraio 2005 diventa anche amministratore delegato dell’auto (solo Cesare Romiti aveva tenuto le due cariche), lancia a Torino la Grande Punto e vara un piano che prevede entro il 2008 investimenti per 10 miliardi.
I conti del 2005 sono quelli della svolta: il gruppo registra, per la prima volta dopo cinque anni, un utile di 1,4 miliardi e il risultato della gestione ordinaria è venti volte superiore a quello del 2004. Quando presenta i conti 2006, Marchionne parla di una Fiat finalmente uscita dall’emergenza e a suggellare la rinascita arriva il 4 luglio 2007 la nuova 500 presentata con una grande festa a Torino. La crisi del 2008 costringe il Lingotto a modificare i piani e richiede un massiccio ricorso alla cassa integrazione. «Il 2009 – ammette Marchionne – sarà l’anno più difficile della mia vita perchè sono state spazzate via le condizioni sulle quali avevamo definito i nostri programmi». Il 2009 è però anche l’anno del salvataggio di Chrysler dal fallimento, con la trattativa con il Tesoro Usa e i sindacati americani e la benedizione da parte del presidente Barack Obama. L’operazione da cui è nata Fiat Chrysler Automobiles, sesto produttore mondiale di auto, con domicilio fiscale a Londra e sede legale trasferita dopo 115 anni da Torino ad Amsterdam, quotata a Milano e a Wall Street.
Ultimo atto a Balocco nel Capital Market Day di Fca l’annuncio del traguardo del debito zero e di un piano di 45 miliardi di euro di investimenti con al centro vetture premium e l’auto del futuro.[:]