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Ma attenti alla “taglia”
(Corriere della Sera) Il grande successo che ha avuto negli ultimi anni il regime forfettario, scelto da una platea (in crescita) di oltre 600mila partite Iva, dimostra come vi sia in Italia una enorme domanda di “semplicità” fiscale e burocratica da parte dei lavoratori autonomi, in particolare giovani professionisti, freelance, piccoli artigiani o lavoratori della conoscenza.
Questa esigenza di un regime semplice e piatto – che riduca gli adempimenti fiscali ed eviti al lavoratore di passare più tempo con il commercialista che con i clienti – può e deve essere consolidata, resa stabile ed estesa a una platea più ampia di partite Iva, anche nell’ottica di una maggiore competitività internazionale del nostro Paese nel mercato dei servizi.
È questa la ragione per cui, con Forza Italia, abbiamo depositato già lo scorso 24 maggio una proposta di legge per l’estensione del regime forfettario dall’attuale limite di 30mila euro a 50mila (con un ulteriore phasing out fino a 55mila euro, per evitare lo scalone improvviso) per i servizi professionali e le attività che non godano già di soglie massime più alte.
L’idea di alzare la soglia massima a 50mila euro viene incontro alle esigenze e alle aspirazioni di crescita di tanti autonomi, giovani e meno giovani, senza per questo scardinare la distinzione del mercato del lavoro italiano tra lavoratori autonomi e dipendenti.
La proposta è coerente con i limiti comunitari alle deroghe alla normativa Iva (fissati a 65mila euro), ed è finanziariamente sostenibile per le casse dello Stato. Non altrettanto si può dire della proposta che sarebbe al vaglio del governo, che, prevedendo una soglia di 100mila euro, rischia di porsi automaticamente fuori dalla legislazione UE sull’Iva e – come segnalato da Anna Soru di Acta – rappresenterebbe un enorme incentivo a trasformare un lavoro dipendente in finto lavoro autonomo. Lo squilibrio tra la tassazione dei lavoratori autonomi e quella dei dipendenti sarebbe eccessivo, insostenibile anche politicamente: perché, a parità di reddito, un operaio specializzato o un dirigente amministrativo di una media impresa dovrebbero pagare il doppio delle tasse di un avvocato o di un grafico pubblicitario? Sopra una certa soglia, poi, il regime forfettario finirebbe paradossalmente per penalizzare e disincentivare gli investimenti in capitale e dunque in innovazione da parte di quel lavoratore che decidesse di avere costi superiori al 22 per cento del suo fatturato (cioè superiori al livello pre-fissato dei costi previsto dal regime forfettario).
In assenza di una vera flat tax per tutti – dipendenti e autonomi – la sola “mini-flat tax a 100mila euro” rischia dunque di rappresentare uno squilibrio eccessivo del sistema fiscale, una scelta inefficiente dettata più dalla propaganda che da ragioni di merito. Per questa ragione crediamo che il governo sia ancora in tempo per riflettere sull’opportunità della scelta da compiere: la flat tax per tutti.
In attesa di realizzarla (speriamo presto), non occorrono scorciatoie propagandistiche ma riforme concrete: sì a una soglia più alta per il regime forfettario, come proposta da Forza Italia, ma coerente con la natura e la ratio del regime forfettario stesso, e cioè una semplificazione per quegli “imprenditori di se stessi” in fase di avvio, di consolidamento e di crescita della loro attività.
Fonte: https://nuvola.corriere.it/2018/09/05/partite-iva-flat-tax-giusta-ma-attenti-alla-taglia/[:]