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Piazza Affari in rosso per un operatore su due
(Il Sole 24 Ore) Torna lo spettro della crescita a singhiozzo e gli operatori dei mercati finanziari si preparano a mesi di incertezza e tensione a Piazza Affari. Sono messaggi chiari quelli che emergono dal sondaggio condotto nelle ultime due settimane di agosto da Assiom Forex tra i suoi associati in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor.
Dopo un 2017 che ha portato in dote una crescita del pil dell’1,4%, la più alta in 7 anni, e un 2018 che sta già facendo segnare un rallentamento, la stragrande maggioranza (81%) degli operatori dei mercati finanziari ritiene infatti molto probabile un ritorno a una crescita poco più che anemica, ovvero nell’ordine dello zero virgola. Numerosi i fattori che minacciano di pesare sulla congiuntura nel nostro Paese.
In primo luogo il netto rialzo dello spread promette di andare ad appesantire sensibilmente i conti pubblici riducendo gli spazi per manovre di supporto all’economia. Inoltre a partire dal primo gennaio 2019, con la fine degli acquisti netti del Quantitative Easing, andrà a scemare lo stimolo monetario della Banca Centrale europea che ha immesso oltre 2500 miliardi di euro nel corso di tre anni. Resta inoltre il timore che la corsa al protezionismo scatenata da Donald Trump possa impattare negativamente sulla crescita del commercio estero e penalizzare l’export italiano. In un contesto di scarso ottimismo per le prospettive dell’economia italiana, non sorprende dunque che anche il cielo sopra Piazza Affari appaia carico di nuvole. Scende infatti dal 27% a un modestissimo 11% il totale di quanti prevedono rialzi per i titoli azionari nel corso dei prossimi sei mesi mentre per il rimanente 89% i mercati rimarranno stabili (43%), oppure subiranno cali (46%). All’interno di quest’ultimo gruppo si distingue un 3% di operatori che prevedono perdite superiori al 10% nell’arco del prossimo semestre.
«Il mese di agosto non sembra proprio aver portato una ventata positiva sul mercato italiano – ha commentato il presidente di Assiom Forex, Luigi Belluti -. La maggior parte degli operatori che ha preso parte al sondaggio ha infatti mantenuto lo stesso atteggiamento di cautela nei confronti dell’andamento borsistico da qui a sei mesi e anzi sono aumentati sensibilmente quanti pronosticano un forte calo».
Per il 78% lo spread non «rientrerà» sotto quota 200 punti
La scarsa fiducia nelle prospettive della borsa appare legato a doppio filo, in particolare, a quanto sta avvenendo sul mercato del debito sovrano con lo spread che nei giorni scorsi si è avvicinato pericolosamente alla soglia dei 300 punti.
Su questo fronte il sondaggio certifica l’abbandono di ogni speranza di un ritorno del differenziale ai livelli di inizio anno. Ben il 78% degli operatori Assiom Forex che hanno preso parte al sondaggio ritiene ormai largamente improbabile un ritorno del differenziale sotto la soglia dei 200 punti, il netta crescita rispetto al 44% di un mese fa. «Lo spread – ha commentato Belluti – continua a essere il parafulmine di ogni preoccupazione».
Cambio euro-dollaro stabile nei prossimi sei mesi
Non sono invece attese grandi novità sul fronte del mercato valutario con il 39% degli operatori che prevede un mantenimento degli attuali rapporti di parità mentre per il 36% è plausibile un nuovo ribasso dell’euro dopo i cali degli ultimi mesi. Il rimanente 25% non esclude invece un recupero di posizioni rispetto al dollaro. Il quadro del mercato valutario rimane in effetti di difficile lettura a causa delle numerose variabili in atto.
Mentre da una parte la Federal Reserve appare decisa sotto la guida di Jerome Powell a portare avanti speditamente il processo di normalizzazione della politica monetaria e ha già portato sin qui il costo del denaro nella fascia di oscillazione di 1,75%-2%, dall’altre parte la Casa Bianca non fa mistero di desiderare un passo molto più lento per non rischiare di soffocare la ripresa. Gli esperti al momento continuano a prevedere altri 3-4 aumenti dei tassi di 25 punti base l’uno nei prossimi mesi, aumenti che andrebbero a fornire ulteriore sostegno al dollaro. Tuttavia, date le nuove dinamiche di Washington e l’imprevedibilità dell’inquilino della Casa Bianca, ogni altra ipotesi rimane sul tavolo. Sul fronte europeo invece la Bce ha indicato con chiarezza che i tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali, cioè fermi allo zero per quanto riguarda i tassi principali di rifinanziamento, fino a tutta l’estate del 2019.
Senza il QE l’economia perderà la spinta
La Bce, come ribadisce in ogni occasione il suo presidente Mario Draghi, tuttavia è «data dependent» e dunque pronta a modificare la propria politica in funzione dell’andamento dei dati macroeconomici. Resta dunque da tenere sotto osservazione l’andamento dell’inflazione che sta finalmente dando segnali di consolidamento anche a livello di aspettative.
Parimenti i governatori terranno sotto controllo l’andamento delle attività economiche che hanno registrato un rallentamento nel corso del secondo trimestre dopo un quarto trimestre 2017 formidabile e un buon avvio di 2018. Ai prossimi dati il compito di stabilire se la ripresa, che rimane generalizzata e diffusa in tutti i settori e le regioni, sarà in grado accelerare nuovamente il passo.