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Già sono comparsi nelle vetrine diamanti simili alle pietre più leggendarie
(Forbes) “Un diamante è per sempre”, recita uno dei messaggi pubblicitari più longevi, lanciato nel 1948 da De Beers, il colosso anglo-sudafricano che ha fino a pochi anni fa detenuto il monopolio del settore. Ma forse non è più così: il 29 maggio scorso la stessa De Beers, che ancor oggi detiene il 30 per cento del mercato, ha messo in commercio una linea di pietre preziose sintetiche prodotte in laboratorio: diamanti sintetici, praticamente identici a quelli naturali, al punto che nemmeno un perito esperto, senza gli appositi strumenti, può distinguerli dai pezzi più pregiati. E così, nelle capitali dello shopping, attraverso un nuovo marchio, Lightbox (naturalmente controllato al 100 per cento da De Beers), già sono comparsi nelle vetrine diamanti simili alle pietre più leggendarie, ma a soli 800 dollari al carato, buoni per accompagnare un abito da sera senza dover richiedere una scorta adeguata.
All’apparenza è una sorta di suicidio: perché De Beers ha voluto colpire la fonte delle sue ricchezze? Perché, spiega il New York Times, in questo modo può cancellare la concorrenza degli altri diamanti sintetici già in circolazione, meno belli e perfetti (e più cari) di quelli sfornati dai laboratori De Beers di Oxford, ma con un notevole potenziale: secondo Citibank, le pietre sintetiche nel 2030 potranno rappresentare, in valore, il dieci per cento del giro d’affari del settore in piena effervescenza. I dati più recenti, infatti, segnalano un aumento dell’interesse sia in Asia (+30% in Cina durante le feste del Capodanno lunare) che nel mercato americano, dove vendite e prezzi hanno festeggiato di recente una striscia di 26 mesi consecutivi di rialzo di prezzi e volumi (+7,2% su base annua).
Insomma, le novità stimolano, più che deprimere il mercato. È la tesi di Marcello Manna, che guida la Investment Diamond Company di Anversa, fondata assieme al socio Alain Bornstein. Manna, figlio d’arte, è uno dei personaggi di riferimento del mercato, con un occhio attento alle dinamiche internazionali: socio della Borsa di Anversa, il centro più importante del settore, membro della società gemmologica Usa, è stato uno dei pionieri delle informazioni via internet per aumentare la trasparenza dei prezzi e garantire ai venditori italiani uno sbocco sui mercati più dinamici. “Oggi”, spiega, “il mercato è attraversato da una forte spinta all’innovazione resa possibile dal digitale”.
Ibm, assieme ad un consorzio di operatori del settore, ha lanciato all’inizio di maggio la prima blockchain per tracciare la provenienza dei gioielli già lavorati lungo tutta la catena di fornitura. Un sistema che permetterà di garantire la qualità, ma anche la responsabilità sociale e ambientale lungo l’intero ecosistema dei gioielli, dai minatori fino ai rivenditori finali, su un’unica piattaforma digitale, a vantaggio dell’etica, anche contro i furti (e i falsi) delle pietre.
Le prospettive, insomma, sono positive. Ma in Italia la situazione è parzialmente diversa: la domanda stenta a risalire, un po’ per la congiuntura, un po’ perché il Paese fatica a riprendersi dalla delusione provocata dai diamanti da investimento piazzati in maniera disinvolta per lo più attraverso gli sportelli bancari a prezzi d’affezione. L’offerta, invece, abbonda perché il mercato non riesce a smaltire gli stock accumulati nel passato dalle famiglie che, in assenza di un mercato efficiente, trovano con difficoltà un canale per la rivendita ad un prezzo di mercato. A tentar di porre rimedio, ci prova Manna, grazie alle opportune offerte dalla rete, che ha allargato le dimensioni del mercato.
“Oggi”, spiega, “un investitore italiano può disporre delle informazioni necessarie per comprare e vendere al prezzo di mercato su scala globale”. Meglio se accompagnato da esperti, perché non è facile muoversi tra le 16mila varietà catalogate da De Beers, trattate in 28 Borse sparse per il pianeta. Ma a garanzia sui prezzi c’è l’indice messo a punto nel 1970 da Martin Rapaport, che viene aggiornato ogni giovedì pomeriggio, ora di New York, sulla base delle transazioni sulle varie piazze. “È un listino riservato agli addetti ai lavori”, rileva Manna, “ma non è difficile comprare seguendo i trend grazie alle quotazioni pubblicate sui vari siti specializzati”. E per vendere? “Anche qui”, conclude Massa, “torna prezioso l’apporto del commercio elettrico. Noi applichiamo una formula, denominata BForever con un processo simile al meccanismo di e-Bay: su una bacheca presentiamo ai possibili compratori la merce esposta dai clienti. Noi ci limitiamo a trattenere una commissione, commisurata al servizio prestato”.
Intanto su Nature di marzo, alcuni ricercatori italiani guidati da Fabrizio Nestola dell’università di Padova, hanno annunciato una scoperta straordinaria: la “fabbrica dei diamanti” si trova 780 chilometri sotto la crosta terrestre: da lì arriva un piccolo cristallo inglobato all’interno di un diamante 40 volte più grande, rintracciato in una miniera sudafricana. È il Casio 3 in arrivo dal mantello inferiore della Terra, un composto cristallino con enormi potenzialità tecnologiche, quasi una risposta di Madre Natura ai laboratori di De Beers: il diamante è davvero per sempre.