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La trasformazione del meccanismo europeo di stabilità è al centro dell’agorà politica. Critiche si sono levate dal governatore di Bankitalia Visco, da Lega, Leu ma anche dai 5 stelle. Ecco cosa cambia e perché c’è chi agita lo spettro della “crisi greca”
La riforma del meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto Fondo Salva Stati o in acronimo MES, è entrata prepotentemente al centro dell’agorà politica. Tutto nasce da una dichiarazione del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che venerdì ha fatto trapelare come alcune proposte di riforma del fondo di salvataggio della zona euro – che dovrebbe veder la luce entro il prossimo mese di dicembre – potrebbero comportare “rischi che devono essere attentamente considerati”.
Il Mes dal 2012 sostiene le economie dei paesi membri dell’area euro in difficoltà offrendo un programma di aiuti in cambio di riforme strutturali. La riforma di questo meccanismo desta allarme perché – se approvato – subordinerebbe il supporto finanziario ad alcune condizioni di “buon governo”: non trovarsi in procedura d’infrazione, avere da due anni un deficit sotto il 3% e un debito pubblico sotto al 60%. Dunque, l’Italia sarebbe esclusa dal supporto cui potrebbe accedere – in seconda battuta – solo se accettasse una ristrutturazione del debito.
Secondo le accuse politiche, Conte avrebbe firmato “nottetempo” un accordo europeo per cambiare il Mes in maniera negativa per l’Italia, che rischierebbe di strozzarsi per pagare, senza poi poter ricevere in cambio gli aiuti promessi.
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