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Giganti sul web, formiche col fisco: la grande evasione

Matteo Valléro
28 Novembre 2019
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[:it] Secondo Mediobanca dal 2014 elusi 74 miliardi grazie a imposte agevolate e fuga nei paradisi fiscali. In Italia il fatturato è 2,4 miliardi a fronte di 64 milioni di […]

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Secondo Mediobanca dal 2014 elusi 74 miliardi grazie a imposte agevolate e fuga nei paradisi fiscali. In Italia il fatturato è 2,4 miliardi a fronte di 64 milioni di euro versati, Amazon ne versa solo 6

Grazie all’Irlanda, al Lussemburgo, allo Stato americano del Delaware e alle Cayman, le principali venticinque società delle piattaforme digitali hanno risparmiato 74 miliardi di euro in tasse tra il 2014 e il 2018. Con 25 miliardi di euro Apple è considerata la regina dello slalom tra paradisi fiscali e giurisdizioni nazionali lasche o del tutto impreparate ad affrontare la potenza di chi macina profitti, fa fruttare una montagna di liquidità a Wall Street o a Hong Kong dove, pochi giorni fa, il gigante cinese dell’e-commerce Alibaba ha raccolto 11 miliardi di dollari, dopo i 25 raccolti a Wall Street.

Nella speciale classifica stilata ieri dall’area studi di Mediobanca in un «focus sulle WebSoft companies» seguono Microsoft (16,5 miliardi), Google (11,6 miliardi) e Facebook (6,3 miliardi). Con l’eccezione di Microsoft, le quattordici società statunitensi analizzate hanno scelto il Delaware come sede fiscale, mentre sette di nazionalità cinese si sono dirette verso le Cayman. Nei cinque anni esaminati circa la metà dei profitti prima delle imposte è stato tassato in paesi a fiscalità agevolata, o in «paradisi fiscali». L’aliquota fiscale media è del 14,1%, al di sotto di quella nominale del 22,5%. Ciò avrebbe portato a un «risparmio» cumulato di oltre 49 miliardi. Questi capitali hanno formato, insieme ad altri, un mare di liquidità: 507 miliardi di euro. Servono a realizzare importanti acquisizioni, a creare monopoli, diversificare attività specializzate, competere sul ribasso dei prezzi con le società concorrenti.

LA REPLICA della filiale italiana dell’azienda guidata da Jeff Bezos ha contestato l’equiparazione effettuata dal rapporto di Mediobanca tra aziende diverse: «L’imposta sulle società si basa sui profitti, non sui ricavi, e i nostri profitti sono rimasti bassi sia perché il retail è un business con margini ridotti sia per i continui, forti investimenti di Amazon in Italia che, dal 2010, ammontano a oltre 1,6 miliardi di euro – si legge in una nota – La nostra aliquota fiscale effettiva dal 2010 al 2018 è stata mediamente del 24% e la nostra attività di international retail è in perdita». Il rapporto avrebbe inoltre preso in considerazione l’impatto di sette delle undici società con cui Amazon opera in Italia che hanno ricadute in termini di gettito locale e livello nazionale. «Le tasse pagate in Italia sono più alte rispetto a quelle dichiarate nel rapporto. Da maggio 2015 la succursale italiana di Amazon EU Sarl «paga le imposte in Italia per le vendite al dettaglio, non in Lussemburgo».

Approfondisci: Il Manifesto[:]

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