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A pagare e a morire c’è sempre tempo! Forse così però è un po’ troppo, cara pubblica amministrazione: fare impresa in Italia è “sempre più difficile”, come proclama il circense provetto
Avete mai pagato in ritardo un F24? Lo Stato non l’ha presa benissimo, vero? Come minimo vi ha applicato una bella sanzione. Ma ora la Corte di Giustizia europea potrebbe restituire il favore, comminando una maximulta da 2 miliardi di euro all’Italia, e la nomea di un paese su cui, in tema di investimenti, vista la puntualità, è meglio non “puntare”.
Se io gioco con le parole, a quanto pare Comuni, Regioni e Ministeri, giocano coi nostri soldi. Perché di questi si tratta, quando parliamo di tempi medi di pagamento della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. L’inveterato malcostume italico di pagare in ritardo non riguarda solo le aziende private, ma anche, e verrebbe da dire soprattutto, lo Stato, che, dalla preoccupante ultima analisi della CGIA di Mestre, si rivela davvero un cattivo pagatore, da black list. I più sfortunati? Gli imprenditori che lavorano per il Comune di Napoli: più di un anno (395 giorni) per vedersi pagata la fattura. Ma tutto il mezzogiorno è un pessimo cliente, con realtà come il Comune di Reggio Calabria (146 giorni), Regione Basilicata (83), Asl Roma 1 (72). Il Ministero dell’Interno, coi suoi 60 giorni, rimane in tempi ragionevoli, ma resta da chiedersi perché, per una spesa deliberata, timbrata, bollata, pagata con soldi pubblici, quindi anche dello stesso fornitore, debbano passare due mesi. La risposta del centro studi è semplice: “la mancanza di liquidità da parte del committente pubblico; i ritardi intenzionali; le contestazioni che allungano la liquidazione delle fatture; l’istanza rivolta dall’Amministrazione pubblica al fornitore di accettare, durante la stipula del contratto, tempi di pagamento superiori ai limiti previsti per legge senza l’applicazione degli interessi di mora in caso di ritardo”. Della serie: “o così, o pomì”. (nota per il revisore di bozze: se non si può scrivere pomì, sostituire con così) Tarda che ti ritarda, il debito della p.a., seconda la Banca d’Italia, sarebbe arrivato a 53 miliardi, ma il condizionale è d’obbligo, poiché “buona parte dei committenti pubblici, in particolar modo gli enti periferici, effettuano i pagamenti senza transitare per la piattaforma e con scadenze ben oltre quelle stabilite dalla legge”. Alla faccia della fatturazione elettronica! Riusciranno i nostri enti viziosi a mettersi in regola e ad evitare la multona europea (per una volta giustificata)? Difficile, difficilissimo. E’ la legge del più forte, soprattutto perché è il più forte a fare la legge. E le nostre imprese non sanno più a che santo votarsi, anche perché di santi sul calendario ne vedono passare troppi, prima di avere riconosciuto un diritto basilare nel commercio: essere pagati.
di MATTEO VALLÉRO
Direttore editoriale Business24
Articolo pubblicato sul quotidiano La Verità – rubrica IL CAPITALE[:]