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Un fenomeno negativo sia nel mondo del lavoro che dell’impresa
Si è appena celebrata la “festa della donna”, che ricorre come ogni anno l’8 Marzo (anche se sarebbero da onorare ben più spesso, in quanto mamme, mogli, amanti, figlie) e inzia così il periodo in cui anche le lavoratrici iniziano a guadagnare. Infatti quella data rappresenta un giro di boa ben poco fausto: fino a quel momento, rispetto agli uomini, è come se lavorassero gratis, ottenendo circa il 18% in meno di salario delle omologhe quote azzurre. Hai voglia di regalare mimose, ne servirebbe qualche albero intero! È così non solo nel mondo del lavoro “dipendente”, ma anche in quello dell’impresa, dal punto di vista del management e di altri ruoli apicali. Sensibilità, intuito, multitasking, empatia, sono doti prerogative delle Signore, che sembrano non essere sufficienti ad un settore, quello del business, storicamente maschile e maschilista, tanto che, per scrollare la situazione, David Solomon di Goldman Sachs, ha avvertito che dal prossimo luglio la grande banca USA “non parteciperà più ai collocamenti in borsa di aziende nei cui consigli d’amministrazione non siede almeno un membro di sesso femminile”. Anche Black Rock, prima, si era mossa in tal senso, e sappiamo quanto sappiano essere “convincenti” queste due realtà.
Tuttavia qualcosa sembra già cambiare, dando uno sguardo agli ultimi dati emersi dal rapporto “International Business Report – Women in Business 2020″, di Grant Thornton International, per quanto concerne le posizioni dirigenziali, con il 29% delle donne al comando, e un aumento di 5 punti percentuali della presenza femminile nei ruoli di Chief executive officer (CEO), che passa dal 15 al 20%.
In Italia il dato è salito al 23%, + 8% vs 2019. Il 28% delle posizioni di leadership sono ricoperte da donne, +4% vs anno scorso. Inoltre sono sempre meno le aziende che non vantano quote rose nel “senior management”: 18% vs 19% del 2019 e 29% del 2018.
Il rovescio della medaglia si denota però, purtroppo, dall’ “Executive Compensation Outlook 2019”, studio sulle società quotate realizzato da Badenoch + Clark Executive, e concerne, ancora una volta, la disparità di trattamento economico a parità di ruoli, ben del 70%, pari a circa 200mila euro all’anno. Per i profili esecutivi, il delta è del 42,5%, pari a circa 20mila euro all’anno.
L’Italia resta all’82esimo posto su 144 paesi analizzati nel mondo, per “gender gap”.
In gergo viene chiamato “glass-ceiling”, metaforicamente il tentativo di abbattere la cupola di cristallo che separa le donne dal raggiungimento dei vertici aziendali e dalla parità di trattamento (economico). In una società come quella contemporanea diventa indispensabile, anche per gli stessi uomini, favorirne la rottura. L’auspicio è che presto, anche nel business, la donna possa dire in senso positivo #metoo.
di: Matteo VALLÉRO
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 12 Marzo 2020
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