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Stimati due anni per tornare al Pil precedente all’epidemia
“Lo scenario internazionale è dominato dall’emergenza sanitaria. Le necessarie misure di contenimento del Covid-19 stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda“. A dirlo è l’Istat nella sua nota mensile, specificando che l’intensità della crisi dovuta al virus risulta più profonda delle precedenti, andando anche oltre ai minimi del 2008.
Secondo l’indagine, in uno scenario che prevede l’estensione delle misure restrittive anche ai mesi di maggio e giugno, la riduzione dei consumi sarebbe del 9,9%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5%, mentre la limitazione delle attività produttive, che coinvolge il 34,0% della produzione, fino alla fine di aprile determinerebbe, su base annua, una riduzione dei consumi finali pari al 4,1%.
“Seppure limitate nel tempo e ristrette a un sottoinsieme di settori di attività economica le misure prese per il contenimento del Coronavirus sono in grado di generare uno shock rilevante e diffuso sull’intero sistema produttivo – ha sottolineato l’Istat. – Oltre agli effetti diretti connessi alla sospensione dell’attività nei settori coinvolti nei provvedimenti, il sistema produttivo subirebbe anche gli effetti indiretti legati alle relazioni intersettoriali“.
Tradotto, questo vuol dire che all’economia italiana occorreranno due anni per tornare ai livelli di Pil stimati fino a gennaio scorso, quindi prima del Coronavirus. E’ quanto indica il focus di Censis e Confcooperative, “Lo shock epocale: imprese e lavoro alla prova della lockdown economy” che stima che, con lo stop delle attività fino a maggio, le imprese perderanno 270 miliardi di fatturato nel 2021. In particolare, secondo l’elaborazione, i provvedimenti di sospensione hanno fermato 2,3 milioni di aziende nell’industria e nei servizi (il 48,2% del totale), il cui peso in termini di fatturato in un anno è pari a 1.321 miliardi di euro. Le imprese attive risultano 2,47 milioni, con quasi 9,4 milioni di lavoratori. “Nonostante tutto va visto il bicchiere mezzo pieno, perché le giuste misure di contenimento del virus non hanno bloccato l’intera economia“, ha affermato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, sottolineando il contributo fondamentale delle cooperative che “non delocalizzano ma creano lavoro e ricchezza in Italia“.
Secondo Gardini servono quindi misure straordinarie, coraggiose e soprattutto veloci per tenere quanto più possibile attiva l’economia italiana. Bene quindi il nuovo decreto varato ieri dal Governo che garantisce liquidità immediata a tutte le imprese. “Vanno tenuti accesi i motori del sistema imprenditoriale – ha proseguito – per consentire la ripartenza appena sarà possibile e cercare il rimbalzo necessario per il nostro Pil. In caso contrario rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese, poco meno di un milione di Pmi, con conseguenze indescrivibili in termini di fatturato, occupazione e tenuta sociale del Paese“.
di: Maria Lucia PANUCCI[:]