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Gli aiuti del Governo sono insufficienti
Con il lockdown che va avanti da settimane sono a rischio fallimento 50 mila imprese italiane. A lanciare il nuovo allarme sullo stato di salute delle aziende del nostro territorio è la Fipe-Confcommercio che ha sottolineato che “con 30 miliardi di euro di perdite già molti imprenditori stanno maturando l’idea di non riaprire l’attività perché le misure di sostegno per il comparto sono ancora gravemente insufficienti e non si intravedono le condizioni di mercato per poter riaprire“.
L’associazione leader nel settore delle attività di ristorazione e di intrattenimento punta quindi il dito contro i finanziamenti erogati dallo Stato per dare ossigeno alle aziende in questo momento di grande emergenza, perché ritenuti assolutamente inadeguati. “Gli interventi del Governo sono solo una risposta parziale – puntualizza Fipe. – La liquidità non è ancora arrivata, la garanzia al 100% dello Stato per importi massimi di 25 mila euro è una cifra lontanissima dalle effettive esigenze delle imprese per far fronte agli innumerevoli costi da sostenere, la burocrazia rimane soffocante appesantendo addirittura le stesse procedure degli ammortizzatori sociali obbligando, di fatto, le imprese ad anticipare i pagamenti“. E poi ha aggiunto: “Sulle tasse, inoltre, non ci sono state cancellazioni ma solo un differimento, per di più con la beffa di dover rischiare di pagare l’occupazione di suolo pubblico stando forzatamente chiusi e la tassa su rifiuti virtuali visto che di rifiuti non ne sono stati prodotti“.
La Fipe-Confcommercio ha così predisposto un pacchetto di richieste al Governo per permettere alle aziende di riprendersi: risorse vere a fondo perduto per le imprese parametrate alla perdita di fatturato; moratoria sugli affitti prevedendo una compensazione per il periodo di chiusura e per il periodo di ripartenza; cancellazione di Imu, Tari, affitto suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi e sospensione del pagamento delle utenze; prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia e sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali e reintroduzione dei voucher per il pagamento del lavoro accessorio; possibilità di lavorare per asporto, come avviene in tutta Europa; concessione di spazi all’aperto più ampi nel periodo di convivenza con il virus, per favorire il distanziamento sociale e permettere agli esercizi di lavorare; un piano di riapertura con tempi e modalità certe condiviso con gli operatori del settore, per permettere a tutte le imprese di operare in sicurezza.
di: Maria Lucia Panucci[:]