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Ecco i motivi del tracollo
Uno shock senza precedenti. Per la prima volta nella storia il prezzo del petrolio è sceso sotto zero. Ieri il valore del contratto WTI, il principale indice del costo del greggio negli Stati Uniti, con consegna a maggio, che scade ufficialmente oggi, ha chiuso con un valore negativo, a-37,63 dollari/barile, in calo di oltre il 300%. Non è andata così per il contratto di giugno, che regolarmente quotava attorno ai 20 dollari. Un mini recupero c’è stato questa mattina quando il WTI ha visto un valore positivo di 1,60 dollari mentre il contratto successivo di giugno scambia a 21,45 USD (+5%).
Ma come mai questo crollo? La risposta è semplice: il mercato è fortemente sbilanciato, con un eccesso di offerta, mentre la domanda scarseggia. Gli effetti della quarantena imposta su gran parte del mondo per fronteggiare la pandemia da Coronavirus hanno limitato enormemente l’utilizzo delle automobili, degli aeroplani e degli altri mezzi pubblici e privati. Meno spostamenti significa meno domanda di petrolio: quando la domanda di un bene scende, è abbastanza intuitivo che anche il suo prezzo cali. Per farlo calare fino al punto di farlo arrivare in territorio negativo, vuol dire che la domanda rispetto alla quantità di petrolio prodotto (almeno negli Stati Uniti) è divenuta così bassa che i proprietari delle raffinerie, che trasformano il petrolio grezzo in benzina, hanno smesso di acquistarlo, poiché prevedono che a causa del Covid-19 la domanda di gasolio rimarrà a lungo molto bassa. I produttori di petrolio si sono così trovati ad accumulare talmente tante scorte che lo spazio fisico a loro disposizione per stoccarlo è finito. Ecco allora che i venditori sono disposti a pagare pur di disfarsene.
Se le cose continueranno così, i produttori saranno inevitabilmente costretti a chiudere, ma fino a questo momento molti hanno provato a resistere in un mercato estremamente ostile, sperando di superare le difficoltà senza dover interrompere la produzione, così da essere pronti a ripartire non appena la situazione dovesse riprendersi. Neanche il taglio della produzione del 10% deciso a inizio aprile dall’Opec+, il più significativo della storia, è riuscito a impedire il crollo dei prezzi in questi giorni.
Per vedere i costi tornare ad un livello stabile anche gli Stati Uniti dovranno ridurre significativamente la loro produzione ma a differenza di Russia e Arabia Saudita quella americana non è regolata da società controllate dallo Stato, bensì da centinaia di aziende private che in caso di crisi prolungata rischiano di andare in bancarotta. Solo un intervento del governo americano potrebbe salvare il settore e aiutarlo a superare la crisi. Un’ipotesi questa paventata a marzo che rischia di tornare pressante nei prossimi giorni.
di: Maria Lucia PANUCCI[:]