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E non è un complimento…
“Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. Sperando che il pesce in questione non sia cinese (considerato il momento) come questo banale quanto veritiero proverbio. Non so se questo governo passerà alla storia come quello che ha gestito (male) la crisi coronavirus o come l’esecutivo che ci ha consegnato la mela avvelenata del M.E.S., ma di sicuro rimarrà nei testi accademici come l’amministrazione statale più assistenzialista dell’epoca moderna e contemporanea. OK, forse rimarrà in mente più per le bugie. Ma anche per l’assistenzialismo, dai! E non è un complimento.
Non sto in queste brevi righe a snocciolare dati e cifre, voglio evidenziare l’aspetto filosofico. Ho riflettuto sul termine “assistenzialismo” e ho pensato al suo contrario. Il vocabolario Treccani non mi è venuto incontro, suggerendo il negativissimo concetto “misantropico”: viene subito in mente Scrooge, il personaggio dickensiano di “A Christmas Carol”. Finalmente ho trovato: “MERITOCRAZIA”. Che bellissima parola! La contrapposizione tra l’una e l’altra è ancestrale, come giorno e notte, yin e yang. Non bisogna fare confusione tra le politiche sociali (che in Italia hanno visto numerose primavere) e l’assistenzialismo, soprattutto quello a cinque stelle. Né la meritocrazia di cui parlo va scambiata col riferimento liberista e neo-liberista, ma col significato più aulico del termine: l’offerta di pari opportunità e il riconoscimento del merito, non solo in ambito lavorativo, ma anche sociale e civile.
Dalla mancia elettorale degli 80 euro di Renzi al reddito di cittadinanza, fino al nuovo reddito d’emergenza, passando per alcune richieste estemporanee di pioggia di soldi, si tratta di propaganda populista e qualunquista, che non aiuta nessuno davvero e crea solo nuovi disadattati. È il lavoro a creare dignità, non il pietismo, ecco perché è necessaria una nuova stagione di meritocrazia (anche in politica), con incentivi alle imprese virtuose, che crei intraprendenza e fiducia, affinché vengano istituite campagne di assunzioni massicce e innalzamento degli standard retributivi, oltre, magari, ad una revisione degli orari di lavoro, abbandonando dogmi novecenteschi e adottando, invece, nuove sane abitudini con più smart-working e turni più corti, che lascino spazio a interessi personali e affetti famigliari, oltre che – appunto – a più turn-over. Per il momento lo Stato nutre la disoccupazione e il lavoro nero e affama gli imprenditori, ai quali vengono promessi soldi che non arrivano e proposte indecenti di maggior indebitamento, mentre ai lavoratori dipendenti casse integrazioni “dell’avvenire”. Se dopo #iorestoacasa il nuovo hashtag fosse #meritocrazia, a restare a casa sarebbero i giallo/rossi.
di: Matteo VALLÉRO
Direttore editoriale Business24
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 7 maggio 2020[:]