Spagna, Portogallo e Grecia hanno già detto di no
E’ pronta all’uso la nuova linea di credito del cosiddetto Mes light, uno strumento messo in campo per aiutare gli Stati a sostenere i costi sanitari dovuti alla pandemia di Coronavirus, in base ai termini concordati dall’Eurogruppo. L’aspetto chiave è la limitata condizionalità che implica (a parole) condizioni vantaggiose di finanziamento con tassi poco sopra lo zero. In pratica lo Stato richiedente è unicamente tenuto ad utilizzarlo per ciò per cui è concepito: le spese dirette e indirette sanitarie dovute al Covid-19 che siano di cura o prevenzione.
Una potenziale insidia è nei controlli. C’è infatti un elemento che potrebbe risultare problematico, ribadito dallo stesso direttorio del Mes, l’organismo di controllo in cui siedono tutti i ministri delle Finanze dei Paesi dell’area euro. Si tratta della vigilanza rafforzata della Commissione europea alla quale saranno soggetti i Paesi richiedenti. “Secondo la Commissione i requisiti di controllo e rendicontazione si focalizzeranno sull’effettivo utilizzo dei fondi per coprire costi sanitari diretti e indiretti – si legge in una nota. – In più non ci saranno missioni ad hoc addizionali nei Paesi richiedenti ma unicamente quelle standard previste dal semestre europeo“. Un elemento che sembra un compromesso per evitare la Troika, ma senza lasciare che a sancire il regolare uso di questa linea Mes basti una “autocertificazione” dei Paesi.
Il fondo anticrisi si basa sulla già esistente linea di credito precauzionale “Eccl” e prevede che i Paesi eventualmente richiedenti possano farsi concedere finanziamenti a tassi agevolati fino al 2% del Pil, con l’unica condizionalità di utilizzarli per le spese sanitarie dirette e indirette. Gli Stati potranno presentare richiesta fino al 31 dicembre 2022 e queste dovranno essere approvate all’unanimità. Una volta che viene firmato il ricorso allo strumento, l’Esm-European Stability Mechanism può erogare i suoi finanziamenti nell’arco di 12 mesi, prorogabili per altri 6 mesi. Una particolarità è nell’aspetto pseudo “assicurativo”: il Paese richiedente non deve per forza attingere alla linea di credito attivata. Ove ritenga di farlo, è previsto che debba restituire i fondi entro un termine massimo di 10 anni a un tasso di interesse base di 10 punti base, o 0,10 punti percentuali, al di sopra del livello a cui si rifinanzia sul mercato lo stesso Mes, più una commissione una tantum iniziale di attivazione di 25 punti base e una commissione annuale di 0,5 punti base (lo 0,005%).
“Creando questo strumento in tempi record, i ministri delle Finanze dell’area euro hanno dimostrato che il Mes è un vero scudo antricrisi flessibile, adatto alle esigenze attuali“, ha commentato il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno. E qualche giorno fa lo stesso Klaus Regling, direttore generale del Mes, ha assicurato che i Paesi che avessero aderito alla nuova linea di credito avrebbero risparmiato molti soldi sugli interessi da pagare. Per esempio, due miliardi in dieci anni la Spagna e sette miliardi l’Italia su un eventuale prestito di 36 miliardi. Il tutto, a suo dire, senza le “rigorose condizionalità” previste dal trattato Ue che ha dato vita al Mes stesso. Con queste affermazioni non c’è dubbio che il tedesco Regling abbia recitato la parte del buon samaritano ma con scarsi risultati.
Già Spagna, Portogallo e Grecia hanno detto che non useranno il Mes sanitario. Guarda caso, proprio tre dei cinque paesi (gli altri sono l’Irlanda e Cipro) che negli anni scorsi hanno avuto a che fare con il Mes quando si sono trovati in crisi e hanno avuto difficoltà bancarie, oppure per collocare sui mercati i loro titoli pubblici.
E l’Italia cosa farà? Ancora non è chiaro. Finora il premier Giuseppe Conte è apparso dubbioso e su pressione dei grillini, indecisi su tutto, figuriamoci sul Mes, ha passato la palla al Parlamento. Diversa la posizione del Pd che sta facendo di tutto per arrivare a dire sì. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è da sempre un fautore del Fondo salva Stati, visto che da eurodeputato ne è stato il relatore davanti al Parlamento Ue. E Paolo Gentiloni, commissario Ue per l’Economia, nel dirsi favorevole al Mes sanitario, ha convenuto che una richiesta di gruppo sarebbe stato un buon segnale. Forse sperava che gli altri paesi del Sud Europa facessero gruppo con l’Italia nel dire sì, ma si è sbagliato di grosso.
Piaccia o meno, il secco no di Spagna, Portogallo e Grecia costituisce una cartina di tornasole sulla vera natura del Mes. In base al trattato Ue che l’ha istituito, questo fondo può concedere prestiti soltanto con rigorose condizionalità. E perché questa condizionalità non abbiano luogo, non bastano le dichiarazioni politiche dell’Eurogruppo, o quelle dei commissari Ue, ma è necessario modificare il trattato. Il che richiederebbe l’unanimità dei paesi Ue, cosa oggi impossibile per l’ostilità di Germania e Olanda, paesi leader dell’austerità Ue, perciò fautori di un Mes gestito con severità, specie nei confronti dei paesi indebitati del Sud Europa.
di: Maria Lucia PANUCCI