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Schintu: “Autostrade non fa ricatti, vuole sopravvivere”
Ritiro concessioni sì, ritiro concessioni no. Il Governo ancora non ha preso una decisione sul futuro di Autostrade, la controllata dalla holding Atlantia, responsabile della gestione di quel tratto del Ponte Morandi crollato il 14 agosto del 2018 e costata la vita a 43 persone. Sono passati due anni, abbiamo avuto due Esecutivi, quello gialloverde M5S-Lega e quello giallo-rosso attuale M5S-PD e nessuna risposta. C’è stata solo una continuità in questo tempo: la posizione dei pentastellati che non hanno mai smesso di chiedere la testa di Autostrade per privarla delle concessioni autostradali. Una minaccia però solo a parole che non si è mai concretizzata, lasciando di fatto il futuro di Autostrade-Atlantia, e dunque degli stessi investimenti previsti in Italia, in un limbo eterno di incertezza.
Ora, come era prevedibile, Atlantia ha sbottato ed ha annunciato lo stop agli investimenti senza i prestiti con garanzia pubblica, ora che l’azienda è stata messa in ginocchio dal crollo del traffico per l’emergenza Coronavirus e in un momento in cui tutta la Corporate Italia si prepara alla conta dei danni sempre a causa della pandemia. “Il blocco degli investimenti da parte di Autostrade per l’Italia non è un ricatto, ma la mossa di assoluta necessità di una società quotata per uscire dall’incubo in cui è stata messa – ha spiegato Fabrizio Palenzona, presidente dell’Aiscat, l’associazione dei concessionari autostradali, e in passato presidente di Aeroporti di Roma, società della galassia Atlantia. – Eravamo già nella situazione in cui Autostrade vedeva profilarsi la revoca della sua concessione con l’articolo 35 del Milleproroghe. Sull’onda di quella norma il rating della società è sceso a livello di spazzatura e le linee di credito accordate dalle banche e dalla stessa Cassa Depositi e Prestiti non sono più state concesse. In questa situazione arriva il virus e con il lockdown il traffico sulla rete cala dal 50 all’80%, Autostrade chiede il prestito garantito dalla Sace, come previsto dal decreto Liquidità e si sente rispondere ‘un no grazie’ da un viceministro 5 Stelle del Mise“. Ma Palenzona ci va giù pesante: “Premesso – ha sottolineato – che sono degli irresponsabili a cui non si doveva affidare la guida del Paese, o hanno deciso di far affondare una società quotata, con i suoi azionisti e i suoi dipendenti, o vogliono strozzarla per farla comprare a buon prezzo a qualcuno, magari dall’estero. Decidano presto che cosa vogliono fare: se revocare la concessione o no, se passarla all’Anas, e poi lo facciano. Ma in questo limbo un’azienda non può stare”.
C’è da dire che Atlantia aspetta da un po’. Ai primi di marzo Autostrade aveva proposto un piano per salvare la concessione: 2,9 miliardi di euro tra investimenti per 1,5 miliardi, taglio delle tariffe del 5% l’anno per i primi cinque anni e circa 700 milioni di euro per il sistema Genova a titolo di risarcimento per la tragedia del Ponte Morandi. La proposta si è però arenata al Governo sul nodo delle tariffe in quanto “il Governo chiede che quel 5% di riduzione delle tariffe valga per tutto il periodo concessorio mentre “Autostrade chiede che sia una tantum promettendo investimenti per 14,5 miliardi“.
La situazione è peggiorata con il post che il pentastellato e viceministro del Mise Stefano Buffagni che su Facebook ha scritto: “Domandare è lecito, rispondere è cortesia: No grazie“, in riferimento alla richiesta di Atlantia di accendere una linea di credito da 1,25 miliardi con garanzia dello Stato italiano, come concesso dal Dl Liquidità. E’ a quel punto che Atlantia sbotta e sgancia la bomba minacciando di congelare i 14,5 miliardi di investimenti promessi dalla controllata Autostrade a meno di non ricevere le garanzie statali sugli 1,25 miliardi di prestiti richiesti.
Su questo ha reagito pesantemente però anche il M5S che fa quadrato attorno a Buffagni. “Autostrade ha chiesto di poter accedere sfruttando il Decreto Liquidità a un prestito di 2 miliardi garantito da Sace. Ma questo non è un diritto di Autostrade – si legge nel blog. – Lo Stato ha il dovere di aiutare le imprese in difficoltà e di mettere in campo tutte le misure necessarie ma al contempo di decidere se la garanzia sia o meno opportuna. E i Benetton prima di ottenere altri prestiti hanno un debito altissimo da saldare nei confronti della collettività. Noi non ce ne siamo dimenticati ed è sacrosanto che i nostri rappresentanti nelle istituzioni come Stefano Buffagni lo facciano presente in tutte le sedi. Qualcuno forse ha dimenticato di chi è la responsabilità del crollo del Ponte Morandi e di quei 43 morti innocenti? Se qualcuno pensa che semplicemente si possa voltare pagina per di più usando i ricatti, ha fatto male i conti. Giustizia deve essere fatta. Essere attaccati da questi colossi che credono di poter fare tutto quello che vogliono impunemente per noi è una medaglia! Il Movimento 5 Stelle e Stefano Buffagni si sono sempre battuti per dare giustizia a quelle vittime, per garantire la sicurezza dei cittadini e per ridurre le tariffe dei pendolari. E continueremo a farlo con sempre più forza: non accettiamo ricatti e siamo sempre dalla parte dei cittadini!
Dall’opposizione arrivano duri attacchi: “Cane che abbaia non morde, il M5s ha parlato molto ma non ha fatto nulla. Le concessioni come sono configurate oggi sono una truffa ai danni del popolo italiano, penso che vadano revocate, che le infrastrutture vadano rimesse a gara con regole decenti e i Benetton se vogliono partecipano alla gara nuova“, ha detto la leader di FdI, Giorgia Meloni.
Al di là delle diatribe politiche, sempre dietro l’angolo, la situazione va risolta ed al più presto. Anche il direttore generale dell’Aiscat, Massimo Schintu ha chiesto una risposta celere al Governo: “Abbiamo fatto un dialogo con la ministra De Micheli, ma qui mi pare che ognuno si alzi e dica la sua, che non ci sia una linea di Governo. Questo è un problema non solo per Aspi ma anche per tutte le concessionarie pubbliche e private“.
di: Maria Lucia PANUCCI[:]