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Economia

Paradisi fiscali Ue: Rustichelli va all’attacco: “Pretendono rigore di bilancio ma danneggiano gli altri”

Maria Lucia Panucci
3 Luglio 2020
Paradisi fiscali Ue: Rustichelli va all’attacco: “Pretendono rigore di bilancio ma danneggiano gli altri”
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Il presidente dell’Autorità della Concorrenza lancia l’allarme: “Dal dumping fiscale si stima un danno per l’Italia tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari all’anno” Il dumping fiscale messo in atto […]

Il presidente Antitrust Roberto Rustichelli, durante il convegno convegno

Il presidente dell’Autorità della Concorrenza lancia l’allarme: “Dal dumping fiscale si stima un danno per l’Italia tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari all’anno”

Il dumping fiscale messo in atto da Paesi Ue come Irlanda, Paesi Bassi e Lussemburgo, mette a rischio la tenuta stessa dell’Unione e fa perdere all’Italia tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari all’anno. A lanciare l’allarme è il presidente dell’autorità Antitrust, Roberto Rustichelli, durante un’audizione in commissione XIV alla Camera.  “Paesi come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali nell’area euro – ha spiegato – che attuano pratiche fiscali aggressive che danneggiano le economie degli altri Stati membri e che, anche grazie a queste pratiche, registrano elevatissimi tassi di crescita“.

Secondo Rustichelli l’attuale quadro normativo dell’Unione europea determina una disparità di condizioni concorrenziali nel mercato tra Stati membri e operatori in quanto, da un lato, favorisce il dumping fiscale e contributivo tra Paesi e, dall’altro, è inadeguato a garantire una tassazione efficace ed equa dell’economia digitale. “I problemi della concorrenza fiscale sleale sono sempre più al centro del dibattito economico e politico nell’Unione europea – prosegue. – L’esperienza, unica nella storia del nostro continente, di un’unione monetaria accompagnata da una crescente integrazione dei mercati reali e finanziari è sempre più incrinata dall’assenza di stringenti regole comuni fiscali e contributive”.

C’è un vuoto normativo che permette ad alcuni Stati, come appunto Paesi Bassi, Lussemburgo e Irlanda, di mettere in campo strategie aggressive che li rendono molto più attraenti per le aziende europee, con una conseguente costante crescita del Pil interno. “Alcuni Stati membri pongono in essere pratiche di dumping fiscale e contributivo – ha aggiunto Rustichelli – che permettono di registrare elevatissimi tassi di crescita. Ne è prova la circostanza che nell’ultimo quinquennio il Pil italiano è cresciuto solo del 5%, mentre quello dell’Irlanda del 60%, quello del Lussemburgo del 17% e quello dell’Olanda del 12%”.

E in numeri assoluti questo si traduce in minori introiti fiscali per tutti gli altri Stati membri dell’Ue. “Alcune ricerche stimano che, a causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti. 11 miliardi di profitti vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e oltre 2 miliardi in Belgio . Ciò comporta un danno per l’Italia che può essere stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno”, ha detto ancora.

Secondo il presidente dell’Authority il paradosso è che gli Stati che mettono in atto il dumping fiscale sono gli stessi che in Europa chiedono il rigore di bilancio: “Non si può tacere che Irlanda, Olanda e Lussemburgo raccolgono circa 270 miliardi di dollari di profitti sviati e che tali paradisi fiscali non si fanno neppure carico, non avendo sul proprio territorio gli opifici industriali delle società che hanno ivi spostato la propria sede fiscale, dei costi degli ammortizzatori sociali. Questo assume un ulteriore risvolto problematico nel caso dei Paesi che affiancano a tali pratiche fiscali sleali quella di uno stretto rigore di bilancio da Paesi dai quali drenano risorse”.

Le mancate entrate fanno anche sì che gli Stati più penalizzati siano costretti ad attuare una ” tassazione che tende a spostarsi su basi imponibili non trasferibili quali gli immobili, i lavoratori dipendenti, i veicoli e i carburanti”: “Si tratta – ha concluso – di dinamiche che possono minare anche la parità di condizioni sul mercato, avvantaggiando in modo sproporzionato alcuni tipi di imprese e i loro dipendenti. Altrettanto dannose sono le pratiche di dumping sociale e contributivo che danneggiano i lavoratori e incentivano le delocalizzazioni delle imprese in Paesi che offrono minori tutele ai lavoratori e ridotti standard di tutela ambientale”.

di: Maria Lucia PANUCCI

FOTO: ANSA

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