
Sul tavolo di Bruxelles c’è il Recovery fund. Il grande ostacolo rimangono i frugali con l’Olanda in testa. Rutte: “La possibilità di trovare un accordo è più bassa del 50%”
«Ho piena consapevolezza delle divergenze esistenti ma anche forte determinazione che dobbiamo superarle e non nell’interesse dei cittadini italiani che hanno sofferto e stanno soffrendo molto ma nell’interesse di tutti i cittadini europei. La linea rossa italiana è che la risposta sia adeguata ed effettiva, cioè concretamente perseguibile. Non si tratta solo di un tema finanziario: stiamo elaborando una risposta economica e sociale per tutti i nostri cittadini europei, per i valori che condividiamo, per rendere l’Europa più resiliente e competitiva nello spazio globale». A parlare così è Giuseppe Conte poco prima di entrare nella riunione con i suoi colleghi europei.
Ebbene sì, il giorno tanto atteso è arrivato. I capi di Stato dei 27 Paesi europei si sono incontrati a Bruxelles per trovare un accordo sul pacchetto costituito dall’Mff, il Quadro Finanziario Pluriennale dell’Ue per il 2021-27 da 1.074 mld, e da Next Generation Eu, il piano per la ripresa da 750 miliardi di euro che vede l’Italia come primo beneficiario. Si tratta della prima riunione dal vivo dallo scorso febbraio, prima che scattasse il lockdown.
E’ difficile che tra oggi e domani si arrivi ad una intesa definitiva. «Non ci siamo ancora – spiega un alto funzionario Ue – un accordo non è garantito». Lo stesso presidente olandese Rutte che ha dichiarato che “la possibilità di trovare un accordo è più bassa del 50%“. Restano infatti distanze notevoli tra i 27. Per questo fino all’ultimo sono andate avanti trattative ed incontri con l’Italia che ha tentato di fare squadra con gli altri Paesi del Sud. Dopo aver fatto asse con Spagna e Portogallo (leggi qui), il premier Conte si è portato a casa ieri sera anche l’appoggio della Francia che esattamente come noi vuole arrivare il prima possibile a raggiungere una quadra. «Con Macron si dall’inizio di questo percorso, a partire dalla lettera dei 9, ci siamo trovati fianco a fianco. Quella di stasera è stata un’occasione di scambiarci i punti di vista, esaminare lo stato dell’arte e anche per affinare le previsioni e le strategie per domani», ha detto Conte al termine dell’incontro.
Rimane il grande muro dei Paesi frugali. Forse il negoziato sui numeri del Recovery e del prossimo bilancio pluriennale sembra al momento il più semplice. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che tornerà a fare gli onori di casa e guiderà la riunione che ha un orario d’inizio ma non quello di fine, ha proposto di mantenere intatti i 500 miliardi di sovvenzioni e i 250 di prestiti proposti dalla Commissione. L’Italia, con Spagna, Portogallo, Francia e altri, difenderà le cifre il più possibile, soprattutto quelle dei trasferimenti a fondo perduto. L’obiettivo per Roma è portare a casa quasi per intero quegli 81,8 miliardi di sussidi che le ha assegnato la von der Leyen, e se durante il negoziato fosse costretta a cedere qualcosa, certamente cederebbe sul fronte di alcuni singoli programmi (come il Just Transition o gli aiuti umanitari) ma non sulla parte riservata ai piani di rilancio. Olanda, Danimarca, Svezia e Austria vogliono invece vedere ridotta soprattutto quella parte.
Come se non fosse già complicata la battaglia sulle cifre, a togliere speranze alla possibilità di un rapido accordo se ne aggiungono almeno altre due: quella sulla cosiddetta governance, cioè chi approverà i piani di rilancio preparati dai Paesi, e quella sulla condizionalità legata allo stato di diritto, cioè i fondi li avrà solo chi rispetta leggi e valori europei. L’Olanda ha già minacciato barricate sulla prima, perché vuole voce in capitolo sui programmi di rilancio di ciascuno, e Ungheria e Polonia minacciano il veto sulla seconda, perché hanno in corso procedure proprio per il mancato rispetto dello stato di diritto.
Ma l’ostacolo maggiore, su cui l’Italia non è disposta a cedere nulla, è quello della governance. La Commissione aveva proposto di approvare lei stessa i piani di rilancio e gli esborsi delle diverse tranche di sovvenzioni. Michel, accogliendo una proposta tedesca, ha invece spostato l’onere, e quindi il controllo sui piani nazionali, sul Consiglio, che li deve approvare a maggioranza qualificata. All’Olanda non basta: chiede l’unanimità, perché vuole avere possibilità di veto su quelli che considera soldi di tutti, visto che vengono da un debito comune. Nonostante sia isolata sulla richiesta, si siederà al tavolo senza accennare a cedimenti.
Insomma come scherzosamente ha detto Conte, è proprio il momento di affilare le armi.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: AGI
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