
La dotazione sarà da 750 miliardi, di cui 390 saranno di sussidi. La fetta più grande andrà all’Italia. Il bilancio è stato fissato a 1.074 miliardi
Quattro giorni e quattro notti per quello che passerà alla storia come il vertice più lungo della storia dell’Unione, ma alla fine il dato è stato tratto. Questa mattina all’alba i 27 leader hanno firmato il tanto agognato accordo sul Bilancio Ue 2021-2027, fissato a 1.074 miliardi, e sul Recovery fund, il fondo per la ripresa proposto dalla Commissione europea. La dotazione sarà da 750 miliardi, di cui 390 di sussidi ed i restanti 360 di prestiti. Al nostro Paese andrà la fetta più grossa: 209 miliardi. In sostanza perde 3,8 miliardi di aiuti diretti, con l’asticella a 81,4, ma guadagna 38 miliardi di prestiti, nella nuova versione pari a 127 miliardi. «Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie – ha detto il premier Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo. – Il governo italiano è forte: la verità è che l’approvazione di questo piano rafforza la nostra azione. Ora avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre». E a domanda sull’utilizzo del Fondo salva Stati ha risposto: «La mia posizione non è mai cambiata. Il Mes non è il nostro obiettivo. L’obiettivo è valutare il quadro di finanza pubblica e utilizzare tutti i piani che sono nell’interesse dell’Italia. Il piano che oggi approviamo ha assoluta priorità. Ci sono prestiti molto vantaggiosi».
Roma resta però sorvegliata speciale sull’uso dei finanziamenti con la soluzione finale che mette d’accordo le richieste di Rutte che ha spinto dall’inizio sul diritto di veto per indirizzare l’Italia anche alle riforme più impopolari in cambio dei fondi.
La procedura finale, con Macron e Merkel che hanno fatto da mediatori, prevede che quando un Governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery, la Commissione deciderà entro due mesi se dare il suo ok vincolato al rispetto di politiche verdi, digitali e in linea con le raccomandazioni Ue 2019-2020: per il nostro Paese l’ago della bilancia saranno le riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità, ossia tutti i settori-chiave da sempre in ritardo. Su istanza di Rutte, il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata.
Altra vittoria di Rutte è stata l’introduzione del “Super freno d’emergenza” per i successivi esborsi dei soldi, condizionati alla verifica degli obiettivi intermedi del Piano di riforme nazionale. Significa che le singole decisioni sui pagamenti della Commissione dovranno essere confermate dagli sherpa dei ministeri delle Finanze della zona euro (Efc) “per consenso”: qualcosa meno di un diritto di veto.
Alla fine, dopo un ring interminabile, vanno a casa tutti contenti. Il Presidente francese Macron ha parlato di accordo storico, mentre la cancelliera Merkel ha confessato che l’impresa non è stata facile. «L’Europa ha dimostrato di essere in grado di aprire nuovi orizzonti in una situazione così speciale», ha dichiarato nella conferenza stampa congiunta con Macron.
Esulta infine anche Christine Lagarde che temeva una reazione pesante sui mercati in caso di ‘no-deal’: «L’accordo raggiunto dal Consiglio europeo – ha detto la presidente della Bce – dimostra che quando è più necessario, l’Unione europea va avanti ed è unita per aiutare il popolo dell’Europa».
Conte rientrerà oggi in Italia da Bruxelles con la medaglia al petto ed un tesoretto in più. Però ha un problema urgente da risolvere: trovare i soldi che servono subito per fare quadrare i conti di bilancio. Perché diciamoci la verità: se è vero che i leader europei hanno raggiunto l’intesa e a noi andrà la fetta della torta più grossa, è anche vero che questi soldi non li vedremo subito ma tra un bel po’: cominceranno ad arrivare nel secondo trimestre del 2021, forse quando non ne avremo più bisogno.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: AGI
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