Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google valgono da soli oltre il 20% dell’intero indice S&P 500, che raggruppa le prime 500 aziende USA, con una crescita del 16% rispetto al 2019
In un futuro distopico le corporazioni conteranno più degli Stati, i CEO detteranno le agende al posto dei capi di governo e i cittadini saranno solo considerati in quanto consumatori. Leggendo una recente analisi, pubblicata su Il Sole 24 Ore, questo indesiderabile scenario ha già posto le sue basi. Perché se cinque aziende hanno una capitalizzazione in borsa superiore al PIL di due paesi come Francia e Italia messi insieme, non ci vorrà molto che spazzino via ogni dogma e impongano condizioni ai governi, ricattandoli e influenzandoli. E magari già lo fanno.
Le “big five”, Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google (chiamate anche FAANG, per le iniziali), valgono insieme oltre 5mila miliardi di dollari, Francia e Italia sono a circa 4,8. Il record arrivato dopo un “rally” a Wall Street, è stato raggiunto venerdì scorso, e non succedeva dal ‘79 per i titoli tecnologici. Le 5 big tech valgono da sole oltre il 20% dell’intero indice S&P 500, che raggruppa le prime 500 aziende USA, con una crescita del 16% rispetto al 2019. A quanto pare non hanno risentito nemmeno dell’effetto Covid19, visto che da inizio anno il loro valore è aumentato di circa il 35%.
Con questi numeri, se unissimo anche il valore di Microsoft, altro gigante del comparto, col suo miliardo e 34, e se fossero una nazione, sarebbero al terzo posto, sopra al Giappone e sotto solo a Cina e Stati Uniti, rappresentando oltre il 7% dell’intero PIL mondiale!
Con un peso del genere torno a domandarmi se non siano già adesso azionisti di maggioranza del pianeta, avendo la possibilità di spostare, con le loro decisioni, intere economie e finanziare gruppi di potere. Intanto Google ha prolungato lo smart working fino a luglio 2021 per quasi tutti i 200mila dipendenti di Alphabet, e certamente farà tendenza, come dire, già condizionano le small-business.
Possibile che la loro crescita si riveli la classica bolla speculativa? Difficile, poiché tutti loro (Bezos in testa, avendo subito in prima persona la bolla delle dot-com degli anni ’90) hanno saputo diversificare notevolmente il loro business, rendendolo quindi difficilmente annientabile.
Si pone inoltre l’annoso problema della fiscalità di queste companies, che, come noto, godono di una tassazione agevolata, per non dire irrisoria e, per la natura stessa della loro attività, non pagano tasse nei paesi in cui operano, ma dove gli conviene. Diventa quindi una priorità dei paesi europei imporre la famigerata “web tax”, tanto discussa e mai coraggiosamente applicata. Mercoledì si è assistito a una rimpatriata di questi “Paperoni” a un congresso per l’audizione dell’antitrust americano: Zuckerberg & C. in gita a Washington. Chissà che non ci prendano gusto a stare in zona e qualcuno di loro pensi di prendervi la “residenza”…
di: Matteo VALLÉRO
Direttore editoriale Business24
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 30 Luglio 2020