
L’accusa di Gianluigi Paragone: il Governo Conte ha (segretamente) venduto l’Italia a Cina e Huawei
Il Governo ha dato il via libera all’ingresso del fondo americano Kkr nella rete secondaria di Telecom Italia, quella in rame e fibra che dall’armadietto in strada entra nelle case di tutti gli italiani. Lo scrive il quotidiano La Repubblica, facendo notare che anche se il percorso che potrebbe portare alla rete unica è ancora lungo e non privo di ostacoli, l’ingresso del fondo Usa nell’infrastruttura dell’ex monopolista può essere un primo step e può aprire alla fusione con Open Fiber sotto la regia di Cassa Depositi e Prestiti.
Lo scorso 4 agosto Telecom Italia ha posticipato al 31 agosto il termine per una decisione sulla prevista cessione di una quota di minoranza della propria rete di ultimo miglio al fondo Usa Kkr che entrerebbe con il 38% di quote per la newco Fibercop. Una soluzione che piace molto allo Stato che invece, come sappiamo, storce il naso sulla possibilità di creare una società di rete unica verticalizzata su un singolo operatore con maggioranza decisionale come vorrebbe Tim in caso di fusione con OpenFiber (leggi qui).
Le posizioni per trovare una soluzione finale sarebbero ancora distanti anche se l’ingresso del fondo Kkr lascia ben sperare.
Intanto il Governo Conte, tramite un DPCM segretato e firmato dal premier lo scorso 7 agosto, avrebbe dato il via libera a Tim di utilizzare le infrastrutture tecnologiche 5G di Hawuei, noto colosso cinese, dando potenzialmente accesso ai dati governativi italiani sensibili, soprattutto quelli inerenti al comparto sanitario e della difesa, a Pechino. A lanciare la bomba è il giornalista e politico Gianluigi Paragone che accusa apertamente l’Esecutivo di svendere segretamente il nostro Paese alla Cina. «Il governo prima con un decreto e poi con un DPCM di fatto ha già autorizzato TIM a utilizzare e appoggiarsi alla tecnologia 5g di Huawei», spiega Paragone, che sottolinea poi come il Governo, così facendo, stia andando contro gli avvertimenti degli Stati Uniti, che sostengono che in questo modo i cinesi possono avere accesso a dati sensibili cruciali, minacciando la sicurezza nazionale. «Ci stanno svendendo – continua. – Questo governo ci sta svendendo ai cinesi per avere i soldi di Hawuei e dei cinesi. Ci stiamo legando mani e piedi al dragone cinese. Attraverso un DPCM hai creato il pertugio attraverso il quale si incanalerà l’ingresso definitivo di Hawei in Italia, e si piglieranno i dati sensibili».
Accanto all’accusa di Paragone c’è chi invece ritiene che alcuni commi presenti nello stesso DPCM del 7 agosto scorso di fatto frenano l’accesso cinese in Italia, il che spiegherebbe il fatto che il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sia passato sottobanco (per non far imbestialire Pechino). In particolare si parla del punto in cui si dice che bisogna effettuare anche tramite terzi processi di verifica e di controllo del codice sorgente e dei disegni hardware degli apparati, comunicando tempestivamente i relativi risultati al Comitato di monitoraggio; i fornitori e le società si obblighino a non comunicare ad autorità governative estere, o comunque, a terzi dati e informazioni comunque acquisiti in relazione all’operazione notificata, salvo preventivo accesso al Comitato di monitoraggio.
Insomma le opinioni sul tema sono quantomai frammentarie e contrastanti.
di: Maria Lucia PANUCCI
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