
I motivi sono riconducibili ai prezzi bassi e all’arresto della produzione scatenati dal lockdown
Terremoto epidemia nel settore oil. La Royal Dutch Shell, meglio nota come Shell, ha deciso di tagliare fino a 9.000 posti di lavoro entro il 2022, oltre il 10% della sua forza lavoro. Questo a causa del Coronavirus: il colosso energetico ha infatti rivelato una perdita netta di 18,3 miliardi di dollari (14,1 miliardi di sterline) per il secondo trimestre del 2020, quando i prezzi globali del petrolio sono crollati a minimi record in risposta alla pandemia. Ha visto una ripresa delle vendite nel terzo trimestre poiché alcuni Paesi sono gradualmente usciti dalle misure di lockdown. Tuttavia ha annunciato quasi 16,8 miliardi di dollari di svalutazione dopo aver drasticamente ridotto le sue stime per i prezzi del petrolio e del gas a seguito della pandemia. «È molto doloroso sapere che finirai per dire addio a un bel po’ di brave persone. Ma lo stiamo facendo perché dobbiamo, perché è la cosa giusta da fare per il futuro dell’azienda», ha detto Ben van Beurden, amministratore delegato di Shell.
Il gigante petrolifero sarà sempre più green. I tagli sono infatti parte integrante di un’importante revisione per spostare il gigante del petrolio e del gas verso l’energia a basse emissioni di carbonio. L’obiettivo è quello di eliminare tutte le emissioni nette dalle proprie attività e la maggior parte dei gas a effetto serra dal carburante che vende ai suoi clienti entro il 2050. Questa riorganizzazione porterà a risparmi annuali da $ 2 miliardi a $ 2,5 miliardi entro il 2022.
Anche la rivale BP quest’anno ha annunciato l’intenzione di tagliare circa 10.000 posti di lavoro come parte dei piani del CEO Bernard Looney per espandere rapidamente il proprio business delle energie rinnovabili e ridurre la produzione di petrolio e gas.
di: Maria Lucia PANUCCI
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