
A frenare è la Francia. Rimane da sciogliere anche il nodo Irlanda
I negoziati sulla Brexit sono ancora in stallo. Ed il motivo è la pesca che sta diventando un elemento sempre più centrale negli sforzi del Regno Unito e dell’Unione Europea per giungere ad un accordo. A frenare è soprattutto la Francia. Il presidente Macron vorrebbe mantenere lo stesso accesso alle acque britanniche di cui gode oggi l’industria della pesca del suo Paese. Cosa che sta infastidendo parecchio entrambe le parti.
Attualmente i pescatori di ogni Paese hanno pieno accesso alle acque dell’altro, a parte le prime 12 miglia nautiche dalla costa. La pesca non è però senza regole: i ministri dell’UE si riuniscono una volta l’anno per stabilire delle quote per ogni specie. Con l’uscita dalla UE, in quanto Stato costiero indipendente, il Regno Unito controllerà quella che è conosciuta come una zona economica esclusiva (ZEE), che si estende fino a 200 miglia nautiche nel Nord Atlantico. Il Governo inglese vorrebbe più potere di decisione su chi può pescare in questa zona e gestire dei negoziati annuali per le quote. Anche se di fatto il settore ha un impatto limitato sull’economia britannica. Secondo l’Office for National Statistics, la pesca valeva 784 milioni di sterline nel 2018. In confronto, l’industria dei servizi finanziari valeva 132 miliardi di sterline. Un divario non da poco.
La pesca comunque non è l’unico nodo da sciogliere. L’altro fronte caldo rimane l’Internal Market Bill, il provvedimento presentato da Boris Jonhson che rimette in discussione il Protocollo Irlanda.
di: Maria Lucia PANUCCI
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