
Secondo la Procura di Cagliari la raffineria ha acquistato il petrolio dall’Isis
La raffineria Saras è una delle raffinerie petrolifere più grandi in Europa ed è tra le più avanzate in termini di complessità degli impianti. Si trova nel distretto industriale di Sarroch, in provincia di Cagliari, sulla costa sarda. Saras rappresenta circa il 20% della capacità totale di raffinazione italiana di petrolio, con i suoi 300 mila barili riempiti al giorno e una capitalizzazione di 1,7 miliardi di euro.
Negli ultimi tempi l’azienda si è trovata per la prima volta in grossa difficoltà: la crisi dovuta al Coronavirus ha colpito anche il mercato petrolifero costringendo Saras per la prima volta nella sua storia a chiedere la cassa integrazione per i suoi dipendenti.
A poche ore dall’annuncio, però, l’azienda è finita nell’occhio del ciclone per un altro motivo, di natura molto diversa. Secondo la Procura distrettuale antiterrorismo di Cagliari l’azienda avrebbe acquistato il petrolio dell’Isis: 12 milioni di tonnellate di oli minerali che avrebbero consentito alla società di falsare il mercato e frodare il fisco per circa 130 milioni di euro. Inoltre con un bonifico da 60 milioni, la società potrebbe aver indirettamente finanziato la jihad, pagando i terroristi di Daesh.
Non è la prima volta che all’azienda petrolifera italiana vengono mosse accuse di questo tipo. Anni fa c’era stata un’inchiesta di Report, quando nelle raffinerie di Saras erano arrivate 25 navi cariche di greggio di origine irachena e provenienza turca. Oggi, gli inquirenti denunciano la non idoneità delle dichiarazioni circa l’origine del prodotto, che potrebbe essere arrivato direttamente dall’Iraq senza mai passare dalla Turchia. A supportare la teoria c’è il denaro: Saras avrebbe versato 14 miliardi alla Petraco Oil Company, soldi finiti poi nella società gemella Edgwaters Falls che secondo la Guardia di Finanza è una società di comodo, offshore. Il carico incriminato, spiegano i magistrati, è stato acquistato proprio da quest’ultima società, che a sua volta potrebbe averlo acquistato da un’azienda turca in affari in Iraq.
La Saras respinge tutte le accuse e spiega di aver fornito la documentazione richiesta dalla magistratura.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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