Bilanci all’osso per realtà legate allo sport dilettantistico
La tempesta perfetta del covid si sta abbattendo su tutti i settori economici. Ci sono indubbiamente dei segmenti su cui il 2020 sta infierendo con una veemenza particolare, con la complicità nefasta di politiche inadeguate: penso alla ristorazione e al beauty, ma soprattutto allo spettacolo (troppo spesso dimenticato, eppure è l’unico compagno di clausura, tra film, serie e musica) e allo sport.
Distratti dagli ingaggi stellari dei campioni e dalle cifre record degli sponsor, non è facile immaginare una crisi di un’”industria” così fiorente, eppure questo mondo vive di equilibri fragili, senza dimenticare che il grosso di questa economia è fatta dalle società di discipline dilettantistiche.
L’economia “diretta” dello sport crea ogni anno un valore di oltre 30 miliardi di euro e contribuisce al prodotto interno lordo per l’1,9%. Se parliamo dell’indotto, quindi in via indiretta, si arriva a più di 60 miliardi di euro e un pil del 3,8%. Le persone coinvolte sono 14,2 milioni con 119.400 occupati stabili (fonte Eurostat 2016). Non si pensi, quindi, solo ai Ronaldo e Valentino Rossi, ma a tutte quelle famiglie che hanno fonte di reddito da questo: vuol dire pagare la spesa, mutui, scuola ai figli… È proprio questo l’aspetto sociale attaccato frontalmente dal virus e dai lockdown.
La branca più popolosa di questa “azienda” è lo sport dilettantistico. Che è anche la più debole. Un universo composto da associazioni sportive dilettantistiche (a.s.d.) che in molti casi gestiscono centri sportivi importanti non solo a livello economico ma anche sociale e aggregativo. Essendo io in primis patròn di una squadra di calcio che milita nella prima categoria, il Pra’ F.C., realtà genovese emergente, posso anche riportare alcuni dati relativi all’ambiente del calcio governato dalla LND (Lega Nazionale Dilettanti): nel 2019 si contano 12.032 società e 64.372 squadre, per un totale di 1.050.451 calciatrici e calciatori (di cui il 360.546 impegnati nell’attività di Settore Giovanile e Scolastico) e 568.573 partite ufficiali disputate. 272 giovani calciatori tesserati nel 2017/2018 per società dei campionati regionali e 452 per i sodalizi della Serie D nel 2018/2018 sono passati ai club prof.
Un mondo sicuramente non privo, nel suo piccolo, di vizi e peccati, ma che sta ingiustamente pagando scelte politiche isteriche, soprattutto – ad oggi – nel settore giovanile. Si tratta di realtà con bilanci all’osso, non in grado di far fronte a crisi di questa portata, attività spesso svolte solo per amore del calcio e dei territori, per incentivare la socialità e il benessere psico-fisico dei ragazzi. Un ambiente che, con fatica e burocrazia, mantiene altissimi livelli di sicurezza, già ben prima del covid. Evitiamo di farne un capro espiatorio.
di: Matteo VALLÉRO
FOTO: ANSA
Direttore editoriale Business24
articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 22 Ottobre 2020
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