
La cena fuori è abitudine settimanale del 63% degli italiani
Coldiretti ha svolto un’analisi in riferimento al varo del decreto Ristoro per compensare gli effetti dell’ultimo Dpcm sul settore della ristorazione (leggi qui).
Con i limiti di orari imposti dal decreto che prevedono la chiusura alle 18 dei locali, si prevede una perdita del 63% dei clienti che mangiano fuori casa almeno una volta al mese.
Le realtà che hanno bisogno di lavorare nelle ore serali per mantenere una stabilità economica e garantirsi un profitto sono molte: non solo ristoranti e pizzerie ma anche gelaterie, trattorie e pub. Strutture che non possono fare affidamento sulla sola pausa pranzo, soprattutto perché anche questa è nettamente diminuita proporzionalmente al calare dei turisti e allo smart working che ha svuotato gli uffici.
Il drastico calo dei consumi fuori casa ha un impatto notevole su tutta la filiera agroalimentare, e molte realtà hanno scelto di non aprire per compensare la mancanza di clienti riducendo gli alti costi di apertura. La filiera alimentare nazionale perde oltre un miliardi di euro di fatturato per le mancate vendite di cibo e bevande nel mese di chiusura previsto dal decreto, secondo le stime di Coldiretti.
I locali più colpiti sono i ristoranti, al 65%, seguono le pizzerie al 59%, i fast food al 10% e i pub al 9%. Penalizzato anche l’agriturismo nazionale: «nella ristorazione – spiega Coldiretti – sono coinvolte circa 330 mila tra bar, mense e ristoranti lungo la Penisola ma anche 70 mila industrie alimentari e 740 mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,8 milioni di posti di lavoro. Le limitazioni alle attività di impresa devono dunque prevedere un adeguato sostegno economico».
Un sostegno che il presidente della Coldiretti Ettore Prandini inquadra nel taglio del costo del lavoro con la decontribuzione protratta per le prossime scadenze, e negli interventi rapidi a fondo perduto per agriturismi e ristoranti.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA