Il lavoro agile è destinato a rimanere
L’emergenza sanitaria l’ha reso necessario e nel new normal si è ormai consolidato: lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese con le chiusure della scorsa primavera, il 94% delle pubbliche amministrazioni e il 58% delle Pmi, arrivando a interessare 6,58 milioni di lavoratori.
I dati arrivano dall’osservatorio sullo smart working della School of management del Politecnico di Milano. La componente maggiore di lavoratori agili, un numero che supera i due milioni, è rappresentata dai dipendenti nelle grandi imprese. Nelle piccole e medie imprese invece gli smart worker sono 1,13 milioni e nella PA 1,85 milioni.
Nonostante a settembre molti siano rientrati nella sede di lavoro, il numero di persone in smart working è rimasto alto, 5,06 milioni. Un trend che sarebbe destinato a durare secondo lo studio in esame, che stima che al termine dell’emergenza i lavoratori agili che continueranno a lavorare, del tutto o in parte, da remoto, saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920 mila nelle Pmi, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nella Pubblica Amministrazione.
Le aziende si sono rapidamente organizzate per permettere il lavoro da remoto e il 70% delle stesse nel cosiddetto new normal che seguirà l’emergenza aumenterà le giornate di smart working portandole in media da uno a 2,7 giorni alla settimana. Nelle PA saranno introdotti progetti di smart working per il 48%, aumenterrano le persone coinvolte nei progetti per il 72% e si lavorerà da remoto in media 1,4 giorni alla settimana per il 47%.
Adattarsi al lavoro agile ha comportato una vera e propria corsa alla digitalizzazione: due grandi imprese su tre, il 69%, hanno dovuto aumentare la dotazione di Pc portatili e altri strumenti hardware, e il 65% invece ha dovuto dotarsi di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali. Investimenti questi che sono destinati a durare, perché l’applicazione dello smart working durante la pandemia, come si evince dallo studio, ha dimostrato come un modo diverso di lavorare sia possibile anche per figure professionali prima ritenute incompatibili.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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