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Il capitale

Ecco il south-working: il lavoro che riporta i meridionali a casa

Micaela Ferraro
12 Novembre 2020
Ecco il south-working: il lavoro che riporta i meridionali a casa
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Riunioni a distanza, lavoro agile, coffee room in cucina con la moka, e “ufficio” vista mare Se il sud non crea abbastanza lavoro, il lavoro raggiunge il sud. Nella tipica […]

Young business woman working at the computer in cafe on the rock. Young girl downshifter working at a laptop at sunset or sunrise on the top of the mountain to the sea, working day.

Riunioni a distanza, lavoro agile, coffee room in cucina con la moka, e “ufficio” vista mare

Se il sud non crea abbastanza lavoro, il lavoro raggiunge il sud. Nella tipica fotografia economico-sociale italiana, in cui il meridione rimane ancora oggi, purtroppo, terra amara per quanto riguarda le opportunità lavorative – soprattutto come impieghi subordinati – si sta sviluppando l’interessante fenomeno del “south-working”.

Il termine fa chiaramente riferimento allo smart-working, una di quelle cose che è entrata con prepotenza nelle case degli italiani durante il lockdown, come il lievito per pizza e l’abitudine di lavarsi le mani (perché per qualcuno evidentemente era un optional).

E allora, se proprio devo/posso lavorare da casa, perché non scegliere quale casa? E così moltissimi lavoratori inurbati, che dal mezzogiorno si sono trasferiti negli anni nelle città metropolitane del nord (Italia e non solo), scelgono di ritrasferirsi al paese di origine, godendo del clima e della familiarità dei luoghi d’origine.

Riunioni a distanza, lavoro agile, coffee room in cucina con la moka, e “ufficio” vista mare. Un sogno, se non fosse per la socialità coi colleghi che viene a mancare, ma magari i colleghi erano pure antipatici e sono meglio gli amici d’infanzia ritrovati al bar in piazza.

Una decisione coraggiosa ma sicuramente rispettabile, con risvolti anche interessanti dal punto di vista economico, visto che spesso chi pagava l’affitto nella località lavorativa, ora, soprattutto i più giovani (ma non solo), è tornato a casa con mammà.

Non solo ragioni di risparmio, si intende, ma anche di cuore. E infatti questo esperimento non riguarda solo chi torna in Sicilia, Puglia, Campania, ma più in generale chi fa ritorno alla luogo natìo, anche se solo a pochi chilometri dalla città: ecco perché si può parlare anche di “country-working” e “birthplace-working”. Insomma, l’unica costante è il “working”, quello non deve mancare mai, anche se si sta a casa bisogna guadagnarsi lo stipendio.

C’è anche chi non è dipendente ma si avvale comunque di questa metodologia, come liberi professionisti, partite iva e piccoli imprenditori: nessuno si sottrae al fascino delle possibilità messe a disposizione da un pc e una buona connessione. A tal proposito si ripresenta un handicap dell’entroterra italiano, il digital-divide, il gap tecnologico tra città e campagne, dove molto spesso la connessione non è buona o non arriva del tutto.

Con tanti casi positivi nel nostro paese, questo è un caso davvero “positivo” che può rianimare molti borghi rurali spopolati negli anni del boom industriale, e che oggi tornano a vivere, anche grazie a iniziative come la vendita di rustici a 1 euro, dati simbolicamente a chi vuole rimetterli a nuovo e rifecondare l’economia locale.

Mamma mia dammi 100 lire, che al paesello voglio tornar!

di: Matteo VALLÉRO

Direttore editoriale Business24

articolo uscito nella rubrica IL CAPITALE sul quotidiano La Verità di ieri 11 Novembre 2020

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Dir. resp.le: Maria Lucia Panucci

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