
La maggioranza dei lavoratori contagiati sono donne, ma i decessi colpiscono più gli uomini
Sono 104.328 le denunce di contagio per il Covid-19 segnalate all’Inail al 30 novembre. E purtroppo i dati confermano che la seconda ondata ha avuto un impatto più significativo della prima, anche in ambito lavorativo: nel bimestre ottobre-novembre, infatti, si rileva il picco dei contagi di origine professionale, con quasi 49 mila denunce di infortunio (pari al 47% del totale) rispetto alle circa 46.500 registrate nel bimestre marzo-aprile.
La maggior parte delle infezioni sul luogo di lavoro sono avvenute nei mesi di marzo (27,0%), novembre (26,6%), ottobre (20,3%) e aprile (17,6%). I casi mortali sono 366 e di questi solo la metà (50,3%) è avvenuta ad aprile.
L’analisi territoriale conferma che le denunce ricadono soprattutto nel Nord del Paese: il 50,3% nel Nord-Ovest (il 30,5% in Lombardia), il 21% nel Nord-Est, il 13,7% al Centro, l’11,1% al Sud e il 3,9% nelle Isole. Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,9%), Torino (7,6%), Roma (4,2%), ma in termini relativi sono le province meridionali a registrare i maggiori incrementi: Reggio Calabria, Caltanissetta, Caserta e Salerno.
Il settore più colpito è quello della sanità e assistenza sociale, con il 68,7% delle denunce e il 23,7% dei casi mortali. Segue l’amministrazione pubblica, in cui ricadono il 9,2% delle infezioni denunciate e il 10,3% dei decessi. Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio.
La maggioranza dei lavoratori contagiati sono donne (69,4%), con un’età media dall’inizio dell’epidemia di 46 anni per entrambi i sessi. I decessi, invece, sono concentrati soprattutto tra gli uomini (84,2%) e nella fascia 50-64 anni, con il 71,6% del totale dei casi. L’85,6% dei contagi denunciati riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,4% sono stranieri (otto su 10 donne), concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni, peruviani, albanesi ed ecuadoregni.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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