
Ma la ministra si difende: “Lo smart working può migliorare l’efficienza della Pa ed è in grado di valorizzare chi lavora bene. Mai pensato di revocare il telelavoro a chi non raggiunge gli obiettivi“
«Voglio sgomberare il campo da qualsiasi equivoco: lo smart working non è un’arma a favore o contro il lavoratore, è un modo di organizzare il lavoro per rendere la Pa più efficiente. Se non raggiungi gli obiettivi, devi andare a casa. Il lavoro agile valorizza i risultati: chi si gira i pollici, deve essere accompagnato fuori, a prescindere dallo stesso lavoro agile, anche se poi quest’ultimo aiuta a stanare chi lavora poco. L’ho sempre detto». Così, in una intervista concessa a Repubblica, la ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone. risponde alle accuse dei sindacati che avevano reagito con veemenza a un titolo di stampa che attribuiva alla ministra l’intenzione di revocare lo smart working ai dipendenti pubblici che non avessero raggiunto determinati obiettivi. «La Ue ci chiede una Pa efficiente – ha continuato la Dadone. – Noi stiamo investendo in formazione, digitalizzazione e nuove competenze, ma bisogna capire che siamo in un momento decisivo e dobbiamo fare uno scatto ulteriore. I sindacati possono cogliere questo momento storico come grande opportunità di svolta oppure alimentare il luogo comune del dipendente fannullone, tutelando chi quel lavoro non lo rispetta».
Non solo. La ministra ha rilanciato anche l’idea di uno svecchiamento dell’intero sistema. «La pubblica amministrazione deve fare i conti con l’età media avanzata dei dipendenti – ha detto. – Serve formazione per superare l’ostacolo culturale di un approccio a mezzi di lavoro differenti».
I sindacati rimangono però sul piede di guerra per le riforme annunciate sempre via stampa dalla ministra 5Stelle. In un’altra intervista al quotidiano Il Messaggero, la Dadone riguardo allo smart working aveva accennato che servissero sistemi per monitorare il lavoro dei dipendenti da remoto e valutazioni dei risultati in termini del servizio reso. Questo non è andato giù alle associazioni a tutela del lavoro secondo cui la ministra brandisce “lo smart working come premio o punizione“. Ma anche in questo caso arriva la replica. Fonti della Funzione pubblica hanno infatti specificato: «La ministra non ha mai pensato di revocare il telelavoro a chi non raggiunge gli obiettivi».
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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