Manca la cultura digitale, secondo quanto emerge da Inwit
Inwit, società italiana attiva nel settore delle infrastrutture e delle telecomunicazioni, ha tenuto un incontro online nel quale sono emersi alcuni dati preoccupanti almeno potenzialmente circa il mercato del digital e dell’innovazione, con particolare riferimento al 5G. Secondo quanto riportato da Inwit, infatti, solo il 30% delle aziende italiane ha piena consapevolezza del potenziale della rete di nuova generazione, mentre il restante 70% non lo conosce. Un trend che non si discosta dalla realtà comune, con il 63% dei cittadini dell’Unione Europea che non ritiene il 5G un servizio sicuro.
Eppure, la nuova rete può essere il motore portante della trasformazione tecnologica di cui il Paese avrebbe bisogno, come dimostrato dalla pandemia nel 2020. «I benefici non saranno solo economici – ha spiegato l’amministratore delegato di Inwit Giovanni Ferigo – il 5G aprirà grandi opportunità organizzative per le imprese e le pubbliche amministrazioni, e trasformerà le città in smart cities con servizi evoluti, innovativi e con attenzione alle esigenze dei cittadini».
Tuttavia, quello che manca è l’educazione digitale: conoscenza, competenza e formazione. Sono queste le chiavi per la rivoluzione che porterà alla nascita di una società iperconnessa. «Non sarà un big bang – ha detto Michele Gamberini, chief technology and information office di Tim – ma un’evoluzione graduale che comporterà anche un mutamento delle competenze all’interno delle imprese». Una rivoluzione digitale dunque, che implica una rivoluzione culturale.
Il recovery fund in questo senso sarà fondamentale, perché prevede un investimento sul 5G che permetterà, secondo Vincenza Bruno Bossio, segretario IX commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni, di superare il digital divide in Italia. «Se avessimo già avuto il 5G gli effetti della pandemia sarebbero stati gli stessi?» riflette Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, una delle città più colpite. Forse no.
di: Micaela FERRARO
FOTO: AGI
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