
La cittadinanza femminile è la meno occupata, la meno pagata, la meno tutelata. Ancora molto da fare per raggiungere la parità di genere
L’Italia è un paese per donne? In occasione della Giornata internazionale della donna, è necessario fermarsi a riflettere su quale sia lo stato della questione femminile nel nostro Paese.
Lo scenario più desolante è dato dall’ambito del lavoro. Secondo una recente ricerca dell’Eurostat, il gender gap nei ruoli manageriali in Europa è ancora molto forte e l’Italia si posizione ben al di sotto della media europea con il 28% di donne manager (ne abbiamo parlato qui). Analogamente, le donne sono scarsamente rappresentate anche politicamente: nel 2018 risultano elette al Parlamento italiano 334 donne, circa il 35% del totale, 225 alla Camera e 109 al Senato.
Già prima dell’arrivo del Covid, l’Italia registrava uno dei più bassi tassi di occupazione in Europa: il 48,5% contro il 62,4% della media europea e punte al di sotto del 30% al Sud Italia. Ad aggiungere la beffa al danno, secondo Eurostat, la differenziale salariale tra uomini e donne in Italia si attesta intorno al 24%. A questa situazione già critica ha sicuramente contribuito la crisi economica e lavorativa causata dalla pandemia di Covid-19. Tra aprile e settembre 2020 sono stati persi ben 402 mila posti di lavoro nell’ambito dell’occupazione femminile, con un calo del 4,1% delle addette tra i 15 e 64 anni (leggi qui). Secondo le ultime dichiarazioni dell’Istat, su 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne. Non sono state più fortunate le donne imprenditrici: secondo l’Osservatorio Piccole Imprese Italiane lanciato da Credimi, il 38% delle imprese femminili ha dovuto abbassare le saracinesche durante il lockdown della scorsa primavera e il 46% ha comunque registrato un calo di fatturato tra il 20% e il 50% (ne parliamo qui).
E la situazione non migliora, per le donne, neanche durante gli anni della pensione. A causa di una minore partecipazione al mercato del lavoro, delle differenze salariali e di carriere contributive spesso più brevi e frammentate, le donne percepiscono in media 7.783 euro annui in meno degli uomini (-36,1%) sulla pensione (dai un’occhiata qui).
Vita lavorativa dura, quindi, per le donne. Ma fuori dall’ambito la situazione non migliora. Per quanto riguarda la gestione familiare, ad esempio, l’offerta di posti in asili nido è ancora inferiore del 25% al numero di potenziali utenti. La difficoltà nel trovare un equilibrio tra vita lavorativa e familiare ha portato, nel 2019, oltre 37 mila neo-mamme a presentare le dimissioni. Nonostante diversi provvedimenti varati negli scorsi anni, per una donna è ancora difficile avere un lavoro e una famiglia contemporaneamente. Da questo punto di vista si ripone molta speranza nel cosiddetto Recovery Plan che prevede, tra le altre cose, maggiori risorse per l’accesso alla formazione, soprattutto per le professioni del futuro, e incentivi alla partecipazione femminile nelle discipline STEM dove le ragazze rappresentano solo il 37%.
Sempre il tema della maternità ha acquisito particolare rilevanza durante la pandemia: la maggior parte delle donne, soprattutto se con figli e senza lavoro, si sono trovate a far fronte a un enorme carico economico, psicologico e di cura. Secondo i dati 1 donna su 2 ha visto peggiorare la propria situazione economica, sia al Nord che al Centro e Sud. La percentuale sale al 63% tra le 25-34enni e al 60% tra le 45-54enni. Ma non solo: una donna su 2 si dice più instabile economicamente e teme di perdere il lavoro. E poi 3 donne su 10 non occupate con figli a causa del Covid rinunciano a cercare lavoro.
Infine, a concludere un quadro già oscuro, arrivano i dati della Polizia di Stato sulla violenza di genere: «nel 2019 in Italia le donne vittime di violenza sono 88 al giorno, circa una ogni 15 minuti. Il 36% subisce maltrattamenti, il 27% stalking, il 9% violenza sessuale e il 16% percosse», si legge nel report.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA / CIRO FUSCO
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