
Nel 2020 il dato Fintech di prestiti alle imprese ha rappresentato solo lo 0,25% del credito complessivo
A che punto è il Fintech in Italia? Mentre la tecnofinanza globale vede protagoniste la russa Tinkoff bank, con 12 milioni di clienti e 14 mila dipendenti, e la tedesca N26, con 7 milioni di clienti e 15 mila dipendenti, il nostro Paese deve cercare di stare al passo con questi colossi.
Fermo restando che il fintech riguarda tutta una serie molto ampia di ambiti, come robo investments, asset management, trade finance, depositi, pure operations interne (HR, progetti per paperless), per quanto riguarda i prestiti, secondo i dati forniti, nel 2020 le fintech italiane hanno concesso nuovo credito alle piccole e medie imprese per 1,65 miliardi di euro, con un incremento del 450% rispetto ai 372 milioni erogati nel 2019. In netto aumento anche il numero di nuove imprese italiane clienti del fintech, salite dalle 1.092 del 2019 alle 5.464 del 2020.
Tuttavia questi dati, elaborati dall’associazione ItaliaFintech, che rappresenta le società fintech e banche digitali operanti nel settore dei pagamenti, del retail, del crowdfunding, riguardano esclusivamente il credito d’impresa. Si è ben lontani, dunque, da un protagonismo nel finanziamento dell’economia reale.
Considerando il volume dei crediti alle imprese non finanziarie a dicembre 2020, 667,998 miliardi di euro, e il dato fintech di prestiti alle imprese, 1,65 miliardi di euro, viene fuori che quest’ultimo ha rappresentato solo lo 0,25% dei volumi del credito complessivo del sistema bancario italiano alle imprese. Quali possono essere, quindi, le previsioni per il futuro?
«Per capire l’importanza della cifra di 1,65 miliardi di Euro erogata a PMI italiane da aziende fintech – dice Ignazio Rocco di Torrepadula, founder e CEO di Credimi – «bisogna raffrontarla non al totale del credito in essere in Italia, ma piuttosto al credito a medio termine e factoring in essere verso le sole piccole e medie imprese, pari a 360 miliardi circa, e al totale del credito erogato a piccole e medie aziende annualmente: nel 2020 sono stati erogati a piccole e medie aziende circa 130 miliardi, con una quota del fintech che è passata da quasi zero a circa l’ 1,2%. Va poi ricordato» – prosegue Ignazio Rocco di Torrepadula – «che gli 1,65 miliardi di credito erogati a PMI in Italia tramite operatori digitali sono una cifra almeno due o tre volte più grande di quella misurabile in Germania, Francia, Spagna, Olanda o altri paesi dell’Unione Europea. La presenza di ben 4 milioni di PMI in Italia e lo spirito imprenditoriale del fintech ha fatto nascere un’industria che, se non schiacciata dalle tipiche complessità italiane, esprimerà leadership che andranno ben oltre il nostro paese».
Da una parte, quindi, c’è ottimismo, influenzato anche dal nuovo governo guidato da Mario Draghi che potrebbe dare priorità all’ammodernamento tecnologico e alla digitalizzazione delle infrastrutture. Fa ben sperare anche l’entrata sulla scena del fintech per le imprese di Roberto Nicastro, ex vice Ceo di UniCredit e presidente delle Good Banks, che recentemente ha lanciato AideXa, operativa con un primo servizio di instant lending. Secondo Nicastro la frontiera su cui lavorare è quella dell’open banking: «introdotto con la direttiva PSD2, coniugato con l’intelligenza artificiale (AI), permette ora ad un operatore fintech come Aidexa di dare la risposta creditizia alle PMI in 10 minuti anziché nelle tradizionali 3-6 settimane. Inoltre l’accesso ai flussi del conto corrente» – prosegue Nicastro – «consente di dare sostegno anche alle piccole imprese che pur appartenendo a settori molto colpiti dal Covid (es. agenzie di viaggio, ristorazione) hanno saputo mostrare adeguata reattività in questi mesi. Il movimento open banking è partito da pochi mesi in Europa ed è atteso promuovere un forte incremento di concorrenza nei servizi finanziari a beneficio dei clienti. Si fonda sul presupposto della conformità delle banche alle regole PSD2, che pur al momento non omogenea, si attende in miglioramento dopo la recente spinta dell’EBA che ha chiesto agli organi di vigilanza nazionali di attivarsi per garantire piena compliance entro il 30 aprile 2021».
Dall’altra parte, però, c’è chi punta il dito su alcune caratteristiche da attenzionare per lo sviluppo futuro del settore. «Si tratta perlopiù di società che non hanno trovato l’equilibrio di bilancio e l’ammontare delle perdite accumulate non consente oggi di capire se troveranno un modello sostenibile di business di copertura dei costi; inoltre stupisce l’osservatore più avveduto che spesso nei siti di alcune fintech i dati di bilancio non compaiono» – afferma Gianluca Garbi, CEO del Gruppo Banca Sistema, che aggiunge – «non ci sono ad oggi, in Italia, dati che consentano di capire se questi finanziamenti rappresentino la parte più rischiosa del credito o meno, dove il livello degli NPL non ha ancora una solida base statistica; il sospetto (ma si parla di una ipotesi ancora da verificare) è che presso le piattaforme fintech di lending possa concentrarsi la selezione avversa del credito.» – Conclude dicendo – «da ultimo una considerazione congiunturale: molta della crescita italiana è oggi sviluppata grazie alle garanzie pubbliche che di fatto neutralizzano gran parte del rischio di credito, ma mi immagino che i dati depurati dalla componente delle garanzie pubbliche e letti in un contesto storico diverso da quello attuale, caratterizzato da un eccesso di liquidità nel sistema finanziario, potrebbero dare una visione molto diversa dell’evoluzione del mercato».
«Le tecnologie digitali, in continua evoluzione, hanno indubbiamente impattato sul mondo della finanza permettendo l’ingresso di nuovi operatori sul mercato che fanno della velocità di erogazione dei servizi l’elemento differenziale» – commenta invece Francesco Previtera, responsabile Studi e Ricerche di Banco BPM. – «Benché il tasso di sviluppo delle fintech nel 2020 sia stato elevatissimo, la loro quota di mercato resta marginale (inferiore all’1%)».
di: Alessia MALCAUS
FOTO: EPA/ARMANDO BABANI
Ti potrebbe interessare anche: