
L’Istat ha registrato anche una forte diminuzione della disoccupazione (-271 mila, -10,5%) e un aumento degli inattivi di 15-64 anni (+567 mila, +4,3%)
La pandemia di Coronavirus pesa come un macigno sul mercato del lavoro. Secondo l’Istat nel 2020 il settore mostra un calo dell’occupazione senza precedenti: 456 mila posti in meno, per una perdita del 2% che spezza la crescita ininterrotta dei precedenti 6 anni, seppur rallentata a partire dal 2017.
Si registrano inoltre una forte diminuzione della disoccupazione (-271 mila, -10,5%) e un aumento degli inattivi di 15-64 anni (+567 mila, +4,3%).
Il tasso di occupazione, che nel 2018 e 2019 ha raggiunto il massimo storico, scende al 58,1% (-1,0 punti percentuali rispetto al 2019) e torna ai livelli del 2017; in calo anche il tasso di disoccupazione che si porta al 9,2% (-0,8 punti in un anno), mentre quello di inattività sale al 35,9% (+1,6 punti). Il calo dell’occupazione coinvolge soprattutto i dipendenti a termine (-391 mila, -12,8%) e, in minor misura, gli indipendenti (-154 mila, -2,9%); il lavoro dipendente a tempo indeterminato mostra invece una crescita (+89 mila, +0,6%).
In media annuale si ampliano i divari di genere. Il calo dell’occupazione è stato maggiore tra le donne: -249 mila occupate (-2,5% rispetto a -1,5% tra gli uomini) e -1,1 punti nel tasso di occupazione (-0,8 punti tra gli uomini). Tra le donne la disoccupazione è scesa di più, -140 mila disoccupate (-11,4% contro -9,7% degli uomini) e -0,9 punti nel tasso (-0,7 punti per la componente maschile), e il tasso di inattività è maggiormente aumentato (+1,8 punti in confronto a +1,4 punti tra i maschi), nonostante il numero di inattivi sia aumentato di più tra gli uomini (+5,4% contro 3,7%).
Per quanto riguarda l’inattività la crescita interessa sia le forze di lavoro potenziali (+217 mila, +7,4%) sia quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare (+350 mila, +3,4%). Tra i motivi della mancata ricerca di lavoro, dopo cinque anni di calo, torna a crescere lo scoraggiamento (+2,1%) e aumentano i motivi di studio, il pensionamento ma soprattutto gli altri motivi (+35,6%), che nella maggior parte dei casi sono legati alla pandemia.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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