La comunità scientifica internazionale è preoccupata dalle varianti inglese, sudafricana e brasiliana. Studi in atto per capire quali vaccini siano efficaci
Campagne vaccinali messe in crisi dalle varianti del virus. Dalla comparsa del Sars-Cov-2 sono state registrate migliaia di varianti ma tre al momento preoccupano in modo particolare. Le varianti inglese, sudafricana e brasiliana, scoperte tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, sono ora al centro dell’attenzione della comunità scientifica globale: l’obiettivo principale è scoprire quali vaccini sono efficaci e quali no.
Per quanto riguarda l’Italia, dall’ultima rilevazione dell’Iss lo scorso 18 febbraio, la prevalenza della variante inglese era del 54,0%, con valori oscillanti tra le singole regioni tra lo 0% e il 93,3%, mentre per quella brasiliana era del 4,3% (0%-36,2%) e per la sudafricana dello 0,4% (0%-2,9%).
La prima variante ad aver allarmato la comunità scientifica è stata quella inglese. Il timore è causato soprattutto dalle numerose alterazioni a livello genetico che la caratterizzano. Il suo nome scientifico è B.1.1.7 e, secondo gli scienziati, ha avuto origine nel Sud-Est dell’Inghilterra a settembre, diffondendosi molto rapidamente da novembre in poi. Delle alterazioni che caratterizzano questa variante 14 sarebbero localizzate sulla proteina spike, la “chiave” d’ingresso del virus nella cellula.
Sulla base dei dati si considera la variante più contagiosa e secondo alcuni recenti studi potrebbe anche aumentare il tasso di casi gravi e di decessi. In Italia, si è stimato che la cosiddetta variante inglese ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica (tra il 18% ed il 60%). Stando ai primi studi, i vaccini anti Covid, in particolare Pfizer, Moderna e Astrazeneca, sono un’arma efficace.
La versione 501.V2 di Sars-CoV-2, meglio conosciuta come variante sudafricana, è stata individuata i primi di ottobre. Pare abbia iniziato a dominare molto rapidamente in Sud Africa. A metà novembre, rappresentava il 90% dei casi rilevati dagli scienziati sudafricani. Gli studi suggeriscono che, come per la variante inglese, anche questa sudafricana sia più contagiosa ma non più pericolosa. Delle mutazioni che interessano la variante, nove sarebbero concentrate nella proteina spike. I vaccini attualmente disponibili sembrano avere una discreta efficacia, anche se gli studi vanno consolidati. Non si è certi riguardo AstraZeneca a causa della sospensione a febbraio proprio in Sudafrica per una ridotta risposta.
Infine, la variante brasiliana, B.1.1.28, è stata riscontrata più recentemente in un caso di reinfezione: un’infermiera 45enne si è ri-ammalata con questa nuova variante 5 mesi dopo essersi ripresa da una precedente infezione causata da un ceppo più vecchio. Nella seconda infezione i sintomi della donna sono peggiorati. La caratteristiche che preoccupa di questa variante è la sua capacità di cambiare la forma della proteina spike all’esterno del virus in un modo che potrebbe renderla meno riconoscibile al sistema immunitario rendendo più difficile il compito degli anticorpi. Si sta ancora studiando se questa variante può rendere inefficaci gli attuali vaccini, i risultati preliminari sono poco incoraggianti.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: EPA/TORSTEIN BOE NORWAY OUT
Ti potrebbe interessare anche: