
È la stima di un’analisi di CRIF Ratings sul gruppo di città italiane che costituisce il 25% delle entrate dei Comuni
Quanto ha pesato la pandemia sulle casse dei Comuni? Ad un anno dall’inizio dell’emergenza, l’assenza di turisti, il fermo delle attività economiche e la proroga del pagamento di Imu e Tari hanno causato un mancato incasso di circa due miliardi di euro per 13 dei Comuni più grandi d’Italia. A renderlo noto sono le analisi sui bilanci consuntivi 2019 di CRIF Ratings, agenzia di rating del credito.
Lo studio fa riferimento a un gruppo di città che, nel complesso, rappresenta il 25 % delle entrate correnti del totale dei Comuni italiani. Si tratta di Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina e Cagliari.
A determinare le perdite sono stati i mancati incassi di alcune entrate fiscali, come quelle legate a Imu, Irpef, Tari e imposta di soggiorno, la perdita dei fondi derivanti dalla vendita di beni e servizi, dalle partecipazioni in società, dai permessi di costruzione e le entrate derivanti dall’industria del turismo, estero e nazionale.
Le perdite non sono omogenee su tutto il territorio: i mancati incassi pro capite delle amministrazioni vanno dal valore massimo di Venezia, 459 euro, a quello minimo di Reggio Calabria, 100 euro. Venezia, Milano e Firenze sono le città che riportano i valori peggiori in termini di entrate pro capite non incassate: il capoluogo lombardo raggiunge i 417 euro, quello toscano i 371 euro.
A fronte dei mancati incassi, non mancati, invece, i pagamenti considerati indifferibili, ad esempio quelli per il personale, gli interessi e il rimborso dei debiti finanziari. Anche sul versante della rigidità delle spese, la situazione è eterogenea: ci sono comuni dove una quota consistente delle entrate correnti serve a fronteggiare queste uscite fisse, come ad esempio Torino (36%), Genova (27%) e Bologna (26%). Altri, invece, mostrano percentuali inferiori al 20%, come Venezia e Cagliari.
Torino, insieme a Napoli e Reggio Calabria, inoltre, si trova in una condizione di vulnerabilità sul piano del debito finanziario a eventuali shock esogeni. Questi enti mostrano infatti un valore più alto di rigidità del debito, definito come rapporto tra la somma tra interessi passivi e rimborso dei debiti finanziari e le entrate correnti. Un fattore che mette ulteriormente sotto pressione le finanze comunali, soprattutto nel medio lungo termine.
Le cifre dei debiti finanziari pro capite mostrano quanto anche in questo caso la situazione sia polarizzata: i valori massimi si raggiungono con Torino (3.995 euro), Milano (2.939 euro), Napoli (2.847) e Reggio Calabria (2.607 euro), mentre quelli minimi con Cagliari (325 euro), Bari (256 euro) e Bologna (191 euro). In questo panorama, come riporta l’analisi di CRIF Ratings, risulta singolare il caso del Comune di Roma Capitale: «anche se risulta essere un best performer bisogna segnalare che i debiti (commerciali e finanziari) sono stati trasferiti nel 2008 alla Gestione Commissariale del Comune di Roma per un ammontare di circa 13 miliardi di euro».
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA/LUCA ZENNARO
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