
Gli apicoltori censiti in Italia sono circa 65.00065.000, cui se ne aggiungono almeno altri 10.000 giovani interessati al mestiere. Crescono gli alveari ma la produzione del miele, il cui valore potenziale annuo è atteso in circa 25.000 tonnellate, da ormai cinque anni è soggetto a una costante riduzione dovuta alle avversità atmosferiche
Aumentano gli apicoltori, cresce il patrimonio apistico nazionale ma continua a diminuire la produzione di miele a causa delle avversità atmosferiche e del cambiamento climatico. La Giornata mondiale dell’ape, che si celebra oggi, è forse l’occasione giusta per mettere in luce un settore di cui si parla in realtà poco ma che invece rappresenta una importante risorsa per il nostro Paese.
Gli apicoltori censiti in Italia sono in costante aumento: se ne contano circa 65.000, cui se ne aggiungono almeno altri 10.000 che, specie tra i giovani, nonostante la pandemia, stanno manifestando il proposito di avvicinarsi a questo allevamento seguendo i necessari corsi di formazione. Altra buona notizia è l’incremento costante del patrimonio apistico nazionale che, nonostante le numerose avversità, nell’ultimo censimento 2020 ha raggiunto la quota di 1.950.000 alveari. Si tratta di un dato importante perché la presenza di alveari sul territorio genera in Italia ben due miliardi di euro di valore della produzione delle colture di interesse agro-alimentare, cui si deve aggiungere quello dell’apporto ecosistemico che le api garantiscono con il servizio di impollinazione alla biodiversità dei nostri ambienti naturali, stimato in 150 miliardi di euro. «L’apicoltura italiana costituisce un fondamentale settore del comparto agricolo, sia per la capacità produttiva raggiunta sia per la nota funzione impollinatrice che le api svolgono a favore degli ambienti rurali, naturali e urbani», ha detto Raffaele Cirone, presidente della FAI-Federazione Apicoltori Italiani.
Nota dolente resta, come accennato prima, la produzione del miele, il cui valore potenziale annuo è atteso in circa 25.000 tonnellate e che invece, da ormai cinque anni, è soggetto a una costante riduzione dovuta alle avversità atmosferiche e ai cambiamenti climatici. «La mancata produzione dei mieli primaverili italiani è ormai strutturale: come tale va gestita, adottando interventi compensativi per gli Apicoltori affinché non abbandonino questa attività», ha concluso il presidente.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA
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