I commercialisti: “gettito irrisorio, 0,1% del totale”
La tassa di successione è quell’imposta che i cittadini pagano sul valore dei beni ereditati, con percentuali differenti a seconda del grado di parentela che intercorre con il defunto. Ad oggi, secondo quanto affermato dai commercialisti, il gettito è irrisorio nel quadro delle entrate tributarie del Paese, pari allo 0,1% del totale. Ma il segretario del PD Enrico Letta ha avanzato una proposta rilanciando l’idea di inasprire l’imposta indiretta sui beni immobili e diritti reali immobiliari lasciati in eredità, in modo da finanziare una dote da destinare ai giovani al compimento della maggiore età. Soldi che sarebbero però vincolati a spese in studio, lavoro o casa.
La proposta è stata accolta da una serie di critiche. Ad oggi, questa tassa grava su tutti i beni caduti in eredità e per i trasferimenti in favore del coniuge, o di parenti in linea retta, l’imposta è dovuta solo sulla base imponibile, che supera la franchigia di un milione di euro, con aliquota pari al 4% del valore ricevuto. In caso di passaggio a fratelli, o sorelle la percentuale arriva al 6%, con una franchigia per ciascun beneficiario pari a 100 mila euro. A seguire, per i trasferimenti destinati ad altri parenti fino al quarto grado (ad esempio, tra uno zio ed un nipote) non si applica alcuna franchigia, però l’aliquota resta al 6%. Mentre per il passaggio verso altri soggetti, anche estranei alla famiglia della persona scomparsa, l’aliquota è dell’8% e non sono previste franchigie.
Esistono delle esenzioni: i titoli di Stato italiani o europei, i buoni postali, le polizze vita, il Tfr e i veicoli iscritti nel Pubblico registro automobilistico.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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