
Gli stilisti e le maison creano alleanze con i titoli più giocati
Il mercato dei videogames è cresciuto, tanto che il pubblico che viene attratto è sempre più eterogeneo: composto al 47% da donne e da utenti compresi in una fascia d’età dai 6 ai 64 anni, nel 2020 ha fatto generare un giro d’affari pari a circa due miliardi e 179 miliardi di euro solo in Italia.
Visti i numeri è chiaro che il settore dei videogames ha finito per attrarre anche il mondo della moda. Sono sempre di più le partnership siglate, da quella storica del 2019 tra Louis Vuitton e League of Legends, a cui è seguita la possibilità di vestire i propri avatar su Animal Crossing con skin griffate Valentino, Marc Jacobs o Anna Sui.
Le opportunità di sperimentazione sono varie: accordi di merchandising, co branding, comunicazione pubblicitaria e aziendale. Un mercato duttile in continua evoluzione, forme di product placement e product sampling fino ad arrivare alla creazione di veri e propri videogames promozionali e videogames con premi reali.
Tra gli altri hanno collaborato Gucci con Fnatic, per la creazione di una serie limitata di orologi subacquei, dando vita ad un vero e proprio prodotto in co-branding, tanto che il simbolo della doppia G è passato dal richiamare il marchio Gucci all’espressione tipica del mondo del gaming Good Game.
Un vero e proprio fenomeno di gamification che offre alle imprese un modo originale e all’avanguardia per farsi conoscere, facendosi pubblicità e ingaggiando una copsicua nuova fetta di consumatori, sia nativi digitali che non.
di: Micaela FERRARO
FOTO: ANSA
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