A fronte di un calo complessivo del 13% a livello europeo, il nostro Paese si dimostra in controtendenza e segna un rialzo di cinque punti percentuali per un totale di 113 nuovi progetti in programma. Servizi, software e IT i settori che attraggono di più in Italia
Cresce l’attrattività dell’Italia, nonostante la pandemia. Nel 2020 il numero dei progetti degli investimenti diretti esteri (Ide) è cresciuto del 5% rispetto all’anno precedente, in alcuni casi con un trend migliore di altre grandi economie europee, tra cui Regno Unito e Francia, mentre un manager internazionale su due (48%) si dichiara pronto ad espandere le proprie attività nel nostro Paese. Questo è quanto emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey, studio che analizza l’andamento degli investimenti esteri in Europa e che sonda le percezioni dei player internazionali con l’obiettivo di indagare quale sia il livello di attrattività di ciascun Paese.
L’indagine mette in rilievo come l’Italia sia in controtendenza rispetto al resto dell’Europa che ha visto un calo complessivo del 13% nell’anno del Covid, anche se la quota di mercato resta comunque ancora limitata: l’Italia rappresenta infatti soltanto il 2% degli investimenti diretti totali in Europa, piazzandosi al dodicesimo posto nella graduatoria con gli altri Paesi.
Ad attrarre la fetta più grossa degli investimenti esteri in Italia nel 2020 sono il settore dei servizi alle imprese (13%), e quello della progettazione di software e servizi IT (12%) ma vanno bene anche il comparto logistica (12%), finanza (8%) e farmaceutico (7%). Le flessioni più marcate si registrano invece per il settore dei macchinari e attrezzatture industriali (5%) e per quello tessile (4%).
Quanto alla provenienza delle risorse, l’analisi colloca al primo posto gli Stati Uniti (24%), seguiti da Francia (16%), Germania (12%) e Uk (9%). Più indietro invece la Cina (4%), che sopravanza di poco il Giappone (3%).
A rendere poco attrattiva l’Italia per il 58% degli intervistati è l’incertezza a livello di regolamentazione, seguita da un eccessivo carico burocratico per il business (55%). Tagliare le tasse (29%), supportare le piccole e medie imprese (28%), ridurre il costo del lavoro (28%), sono le tre macro-aree d’intervento che, a detta dei manager intervistati, permetterebbero di dare una spinta decisiva alla competitività italiana
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
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