La sezione tricolore dell’Expo organizzato dagli Emirati Arabi Uniti si dedicherà al recupero delle opere d’arte situate in aree travolte dai conflitti bellici
Sembra aver colpito nel segno il biglietto da visita rappresentato dalla copia tridimensionale, oggi esposta nel cosiddetto Teatro della Memoria, del David di Michelangelo (leggi qui).
L’esposizione universale di casa a Dubai avrà termine, come da programma, il 31 marzo del prossimo anno, ma certe sue infrastrutture rimarranno operative ben oltre la conclusione dell’evento.
Fra le fortunate ci sarà proprio il padiglione nostrano, che verrà convertito in un’autentica scuola di restauro che adotterà le tecnologie più avveniristiche per digitalizzare i monumenti e le opere d’arte distribuiti attraverso il MENASA, ovvero quel territorio molto sensibile che comprende Medio Oriente, Nord Africa e Asia Meridionale.
Pensando a quella zona ci vengono immediatamente in mente la devastazione dell’area archeologica di Palmira operata dall’ISIS e la distruzione del Buddha di Bamiyan da parte dei talebani, episodi incresciosi e irreversibili che questa iniziativa permetterebbe di non far accadere mai più.
«Abbiamo la conoscenza dei beni culturali e tecnologia all’avanguardia: – afferma la professoressa Grazia Tucci dell’Università di Firenze, “mamma” del clone del David – la conoscenza è il primo passo di eredità che ci lascia questo padiglione in futuro».
Il piano sarà articolato lungo 300 ore di didattica, nelle quali il know-how italiano in materia di preservazione dei beni culturali si metterà a disposizione di un patrimonio vastissimo disseminato per i vari Paesi dell’area.
di: Andrea BOSCO
FOTO: ANSA
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