
Si tratta del calo più ampio nell’Ue (-1,2% in media) e nell’Eurozona (-1,6%). Ha aiutato il ricorso alla cassa integrazione e ai Fondi di solidarietà
Crollano i salari nel 2020. L’anno prima, prima della pandemia, circa cinque milioni di persone avevano un salario effettivo non superiore ai 10 mila euro lordi annui, tutte con “discontinuità lavorativa“. Con l’esplosione della pandemia il salario medio di un dipendente a tempo pieno in Italia è diminuito del 5,8% rispetto al 2019, con una perdita in termini assoluti di 1.724 euro nell’anno. Si tratta del calo più ampio nell’Ue (-1,2% in media) e nell’Eurozona (-1,6%). Il ricorso alla cassaintegrazione e ai Fondi di solidarietà ha tuttavia più che dimezzato la riduzione del salario medio annuale che così integrato si è fermata a 726 euro in meno (-2,4%). Questo è quello che emerge dal rapporto della Fondazione Di Vittorio della Cgil su Salari e occupazione che sottolinea la funzione positiva del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori.
Oggi risultano circa tre milioni di precari e 2,7 milioni di part-time involontari, ovvero che lavorano a tempo parziale non per scelta, che si aggiungono a 2,3 milioni di disoccupati ufficiali. La percentuale di part-time involontario in Italia è la più alta a livello europeo: nel 2020 segna il 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale (contro il 24,7% dell’Eurozona).
Durante la presentazione del Rapporto è stato inoltre ricordato come il tasso di disoccupazione “sostanziale”, calcolato dalla Fondazione Di Vittorio, nel 2020 sarebbe pari al 14,5% (rispetto al 9,2% del tasso di disoccupazione ufficiale), tasso che corrisponde secondo le stime del sindacato a quasi quattro milioni di persone: un numero che ai 2,3 milioni di disoccupati aggiunge coloro che “sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano perché sono scoraggiati“, bloccati per la cura di figli o anziani oppure in attesa di riprendere l’attività. «Risulta evidente che il tema del lavoro riguarda la quantità di occupazione ma anche tanti aspetti della sua qualità», ha sottolineato il presidente della Fondazione Fulvio Fammoni, richiamando l’attenzione sulle modalità di utilizzo del Pnrr e dalle scelte della legge di Bilancio.
di: Maria Lucia PANUCCI
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