
Gli Usa fanno marcia indietro dopo gli slogan green lanciati a Glasgow
Sono trascorsi pochissimi giorni dalla fine della Cop26 in cui Joe Biden aveva promesso che gli Usa “guidato con l’esempio” la lotta contro i cambiamenti climatici. Ma tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare, come recita un antico ed intramontabile proverbio.
Infatti all’amministrazione Usa fa una rapida inversione di rotta e lancia un’asta record di licenze per le trivellazioni di gas e petrolio nel golfo del Messico, area già devastata da ripetute perdite di greggio. Si tratta di un’area di circa 352 mila kmq, estesa quanto due volte la Florida, con riserve stimate sino a 1,1 miliardi di barili di greggio e 4,2 tonnellate cubiche di metano. Uno schiaffo agli ambientalisti che questa volta denunciano l’ipocrisia del presidente americano davanti al mondo. In campagna elettorale Biden aveva attaccato Big Oil promettendo che con lui alla Casa Bianca non ci sarebbero stati più sussidi per l’industria dell’energia fossile né trivellazioni nelle acque e nelle terre federali.
Invece l’asta, la più grande vendita singola dal 2017, mina ora la credibilità green del presidente e renderà più difficile evitare i catastrofici impatti delle emissioni globali. «Capitando all’indomani del summit sul clima è solamente sconcertante. Difficile immaginare una cosa più ipocrita e pericolosa da fare per questa amministrazione», accusa Kristen Monsell, avvocato del Center for Biological Diversity.
Il governo Biden si difende spiegando di essere stato costretto a bandire l’asta dopo che un giudice federale, accogliendo il ricorso di una decina di stati repubblicani, ha bocciato la moratoria delle vendite di licenze decretata dal presidente in attesa di una revisione complessiva.
Finora sono arrivare offerte su 307 lotti per un totale di quasi 7.000 kmq e occorreranno anni alle major petrolifere per sviluppare i giacimenti e cominciare a pompare il petrolio, probabilmente dopo il 2030.
di: Filippo FOLLIERO
FOTO: EPA/TASOS KATOPODIS / POOL
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