Non solo Islanda, ma anche Emirati Arabi Uniti, Belgio, Irlanda: ecco dove sono stati testati i quattro giorni lavorativi
Complice anche l’apertura a nuovi modelli di lavoro (basti pensare allo smart working o alle forme miste imposte dalla pandemia e mantenute da moltissime aziende), oggi è tornata in auge la discussione sulla riduzione della settimana lavorativa. A fare da apripista in tal senso sono stati gli Emirati Arabi che, come raccontavamo qui, è stato il primo Paese al mondo ad adottare la settimana lavorativa cortissima di quattro giorni e mezzo.
Come ha riportato l’agenzia di stampa Wam, questa decisione rientra negli impegni di Abu Dhabi per “migliorare l’equilibrio tra il lavoro e la vita personale, oltre che per migliorare la competitività economica“. Gli Emirati Arabi non sono però l’unico Paese ad aver adottato questo provvedimento.
Già nel 2015 l’Islanda ha avviato con “enorme successo” la sperimentazione di una formula lavorativa ridotta. La prova, nell’arco di quattro anni, ha coinvolto 2.500 lavoratori che hanno visto ridurre il proprio orario da 40 a 35 ore settimanali, a fronte dello stesso stipendio. I risultati non solo non hanno dimostrato alcun peggioramento in termini di produttività, ma in alcuni casi hanno evidenziato una maggiore efficienza dei lavoratori, meno stressati e messi nella condizione di organizzare una miglior ripartizione fra vita professionale e vita privata.
Nel 2022 si aggiungeranno al novero delle Nazioni che sperimentano la settimana lavorativa abbreviata anche l’Irlanda, con un test di 6 mesi, e la Spagna, dove per i prossimi tre anni le ore settimanali saranno 32. Un’altra formula al vaglio dei Governi è quella della settimana più corta ma con lo stesso numero di ore: è quanto testerà il Belgio che farà lavorare i suoi dipendenti quattro giorni a settimana ma con turni di 9 ore e mezza.
Oltre ai test nazionali, possiamo fare riferimento anche alle sperimentazioni aziendali. Celebre l’esempio di Microsoft che nel 2019, in Giappone, ha ri-organizzato il lavoro dei suoi dipendenti riducendo l’orario e modulando contestualmente altre dinamiche come il numero di riunioni aziendali. In tal caso, l’esperimento ha registrato un aumento del 40% della produttività. Sulla scia del colosso tech anche Buffer (in sperimentazione dal 2020), Desigual, Unilever New Zealand e, dal 2022 anche Kickstarter.
A prendere più in considerazione la possibilità di bilanciare meglio lavoro e vita privata sono proprio i giovani (ne parlavamo qui a proposito delle aziende preferite dai millennial). Lo conferma anche un recente sondaggio di Jefferies che ha intervistato giovani statunitensi tra i 22 e i 35 appena licenziati: nel 32% dei casi con una settimana lavorativa ridotta non avrebbero abbandonato il posto di lavoro.
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA
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