Si tratta della libertà di non essere reperibili per non mescolare vita privata e professionale
Si è parlato molto nel corso degli ultimi due anni di diritto alla disconnessione: si tratta della libertà di disconnettersi e non essere reperibili una volta terminato il proprio turno, in modo da evitare che la vita privata e quella professionale possano mescolarsi.
È diventata una necessità soprattutto con il diffondersi dello smart working che ha portato in molti casi a una distorsione del lavoro digitale, con il mancato rispetto degli orari lavorativi e la possibilità di rimanere sempre “a portata di telefono” dei lavoratori.
Diversi Paesi hanno già stilato delle regole per garantire questo diritto, altri invece sono rimasti in fondo alla coda. Vediamo quali sono stati gli interventi dei vari Paesi dell’Unione Europea.
Partiamo dall’Italia: il primo cenno normativo è stato inserito nella legge 81 del 2017, che disciplina le modalità del lavoro agile e prevede un “accordo tra le parti” per definire “tempi di riposo, nonché misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche”. Il 13 maggio 2020, il Garante della Privacy ha invocato il diritto alla disconnessione, senza il quale “si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale”. E nel maggio 2021 è diventato legge il decreto 30 del 13 marzo 21 che prevede il “diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche”, per “per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore”. E sancisce che spegnere il telefono e disattivare le notifiche “non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.
La prima a riconoscere il diritto alla disconnessione in Ue è stata la Francia, con la legge del lavoro del 2016, che riguarda le imprese con più di 50 dipendenti ma non prevede sanzioni specifiche. A seguire è arrivata la Spagna, poi il Portogallo.
In Belgio dal primo febbraio i dipendenti pubblici hanno il diritto di non rispondere più a mail, messaggi e telefonate fuori dal proprio orario di lavoro a meno che non ci siano “circostanze eccezionali e impreviste che richiedano un’azione che non può attendere il rientro“. E anche in questo caso, chi decide di staccare tutto e rendersi irreperibile non potrà essere penalizzato dai superiori. Per il momento questa legge riguarda solo il pubblico ma presto dovrebbe essere estesa al privato.
In Irlanda per il momento si parla di “galateo della disconnessione”: nel 2021 il governo ha emanato un “Codice di condotta” che faccia da base per le contrattazioni e le regole aziendali. Prevede non solo doveri per le imprese ma anche per i dipendenti, che devono “collaborare pienamente” per far sì che le aziende possano “registrare il tempo di lavoro, anche da remoto”. Il codice prevede che i messaggi fuori dall’orario di lavoro possano essere mandati ma non dovrebbero diventare la norma e dovrebbero avere “un tono proporzionato all’urgenza per evitare che il destinatario interpreti erroneamente” e sia portato a intervenire quando in realtà non ce ne sarebbe bisogno.
Il diritto alla disconnessione non è ancora riconosciuto in Germania e in generale l’Europa procede in ordine sparso: il Parlamento Ue, nella Risoluzione del 21 gennaio 2021, ha invitato gli Stati membri a “riconoscere il diritto alla disconnessione come fondamentale perché inseparabile dai nuovi modelli di lavoro”. E ha spinto la Commissione a presentare una proposta di direttiva per “disciplinare l’uso degli strumenti digitali, definire le “condizioni minime” per poter esercitare il proprio diritto alla disconnessione e mettere in atto “meccanismi per il trattamento delle denunce o delle violazioni”.
di: Micaela FERRARO
FOTO: PIXABAY
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