L’aumento dei prezzi preoccupa i produttori, la grande distribuzione, i Comuni e i consumatori e sono in agenda interventi una tantum e strutturali
A preoccupare i contribuenti non è solo il rincaro energetico, ma anche il conseguente aumento dei prezzi al dettaglio della merce finale, sul quale i produttori necessariamente scaricano parte degli aumenti delle bollette. Lo abbiamo visto anche qui: Assoutenti ha stimato in merito una stangata da 38,5 miliardi.
Anche l’Osservatorio The Wine Net rilancia l’allarme: la rete, nata nel 2017 dall’unione di 7 grandi cooperative vitivinicole, ha stimato che l’aumento del costo dell’energia unito a quello delle materie prime potrebbe determinare un aumento dei prezzi fino al 10% per i produttori, che si tradurrebbe in un aumento del 20-30% dei costi del prodotto finale.
Questi incrementi rischiano fortemente di far calare le vendite oltre agli acquisti della grande distribuzione, impegnata a contrastare un rincaro della merce sugli scaffali. Si prevedono poi delle ripercussioni negative anche per i prodotti destinati all’export.
A preoccupare è quindi l’entità del rincaro: secondo le stime di Assolombarda rispetto al pre-Covid il gas naturale ha subito un’impennata dei prezzi, parti al 660%. Sulla base di questo dato l’associazione ha stimato “un costo energetico quadruplicato nel 2022, dai 2 miliardi del 2019 agli 8,3.
«La salita dei prezzi – prosegue Alessandro Spada – si accompagna a problemi di disponibilità e strozzature nelle catene di approvvigionamento con quasi il 20% delle manifatturiere del Nord Ovest che segnala ostacoli alla produzione per mancanza di materiali e impianti a fine 2021 e lamenta tempi di consegna più lunghi».
Lo scenario, quindi, è preoccupante e il Governo si prepara a mettere in campo altre misure di contenimento. Nei giorni scorsi Mario Draghi ha annunciato un ampio intervento, che si dovrebbe tradurre in un decreto da cinque-7 miliardi; la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra ha aggiunto che sono previsti anche dei rinforzi per i bonus sociali.
La prima tranche di risorse arriverà da una dote di quattro miliardi ricavata dalla stretta sugli extraprofitti degli impianti a energia rinnovabile e sarà destinata a calmierare i prezzi di luce e gas delle aste. Altri fondi potrebbero derivare dai numeri della crescita superiori alle aspettative. L’importante, per il Governo, è scongiurare ulteriori scostamenti di bilancio.
Su questo non concordano tutti i partiti; il centrista De Poli ad esempio sostiene un “debito buono“; la soluzione proposta da Salvini implica invece un amento delle estrazioni di gas e un ripensamento sul dossier del nucleare.
La proposta di investire sulla produzione naturale del Paese è al vaglio degli esperti perché costituirebbe non un ripiego momentaneo ma un vantaggio strutturale. A tal proposito il Ministero della Transizione ecologica ha pubblicato un piano in cui si individuano aree idonee alla prospezione e all’estrazione di idrocarburi, su terra e offshore.
Secondo alcune stime, il nostro Paese potrebbe addirittura raddoppiare la produzione naturale, passando dai 3,2 miliardi di metri cubi attuali ad almeno 7-8 miliardi, andando a coprirei l 10% dei consumi nazionali. Questa soluzione, comunque, richiederebbe molto tempo.
Fra gli interventi cuscinetto il Governo sta quindi valutando anche la fornitura di uno stock di energia a prezzo calmierato alle attività produttive, in modo da non gravare troppo sulle tasche dei consumatori finali.
Negli ultimi giorni si sono uniti al dibattito anche i Comuni, che temono di dover tagliare i servizi ai cittadini. Per protesta lo scorso weekend sono stati spenti diversi monumenti ed edifici pubblici.
di: Marianna MANCINI
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