I due Paesi chiedevano di annullare il meccanismo di condizionalità, sollevando un vero e proprio caso nell’Unione. L’Ungheria bolla la decisione come un “abuso di potere”
Si torna a parlare di stato di diritto. La Corte di Giustizia dell’Ue ha respinto il ricorso di Ungheria e Polonia contro il meccanismo di condizionalità che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. «Non è una sentenza giuridica, ma politica ed ideologica, fatta abusando del loro potere, vogliono costringerci ad accettare un’idea federale dell’Europa che noi respingiamo», ha detto il premier ungherese Viktor Orban.
Budapest e Varsavia chiedevano di annullare il regolamento che permette all’Ue di sospendere i pagamenti provenienti dal bilancio europeo agli Stati membri in cui lo stato di diritto è minacciato.
Proprio a causa dello scontro sul meccanismo dello stato di diritto, Budapest e Varsavia avevano a lungo minacciato di bloccare, alla fine del 2020, l’approvazione del bilancio 2021-2027 e del Recovery fund, sollevando un vero e proprio caso in Ue, alla luce della pandemia e della forte attesa dei fondi da parte di molti Paesi, fra cui l’Italia.
Grazie alla mediazione tedesca, che all’epoca aveva la presidenza del semestre europeo, i due Paesi avevano alla fine, a dicembre, approvato il bilancio insieme agli altri 25 membri. Ma la possibilità di un ricorso alla Corte Ue era però contenuta in un allegato ed era parte decisiva del compromesso trovato con Berlino. I due governi sovranisti avevano già annunciato che se ne sarebbero serviti.
Ora la Corte ha respinto il loro ricorso, dichiarando illegittimo un taglio delle risorse previste dal bilancio Ue, in caso di violazioni in materia di Stato di diritto.
di: Maria Lucia PANUCCI
FOTO: SHUTTERSTOCK
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