Solo ieri il principale listino in rubli della Russia ha perso il 10,5% come conseguenza diretta dell’escalation delle violenze in Ucraina
L’escalation delle tensioni al confine fra la Russia e l’Ucraina (qui le dichiarazioni di Putin sul Donbass e sull’invio di truppe) porte inevitabilmente con sé delle conseguenze economiche. Il primo e più sensibile indicatore a risentire del ventilato attacco è stata la Borsa di Mosca.
Proprio ieri il principale indice del mercato azionario di titoli russi, il Moex, ha perso il 10,5%; un crollo che risulta ancora più incisivo se osservato nel medio termine: basti pensare che dai 4.260 punti dello scorso ottobre il listino dei titoli in rubli ha toccato quota 3.090 punti, con un calo del 27%. Non va meglio all’indice dei titoli denominati in dollari, Rts, che sempre oggi ha perso il 13%.
La reazione dei mercati è un buon indicatore di cui tenere conto in un’analisi più ampia e incisiva delle tensioni conflittuali fra i due blocchi, quello sovietico e quello Occidentale. Fra i due indici, quello più importante nel Paese è il Moex.
Fanno parte di questo listino le 38 aziende più capitalizzate di Mosca, principalmente appartenenti al settore energetico. Al suo interno è compreso il colosso del petrolio Gazprom, la prima azienda per fatturato in tutta la Russia, seguita dall’omologa del gas Novatek. Nell’indice Moex sono quotate anche alcune big nel settore della raffinazione, come la Tatneft, e la “sorella” russa di Google Yandex.
Il Moex, come abbiamo detto, è denominato in rubli. Al suo interno inoltre le aziende si posizionano per capitalizzazione: questo significa che, in base al “peso” di capitale i titoli sono capaci di influenzare più o meno l’andamento globale del mercato.
Per impedire che si vengano a creare dei disequilibri eccessivi, il Moex prevede dei meccanismi correttivi. Il peso dei titoli con maggior capitalizzazione viene ridimensionato artificialmente ogni volta che supera determinati limiti; così, una singola azienda non può pesare per più del 15% sulla composizione del listino, limite che passa ala 55% nel caso di gruppi formati da cinque aziende.
Parallelamente al Moex c’è l’indice Rts, il listino denominato in dollari. All’interno di questo indice sono ricompresi i 50 titoli più liquidi e, in generale, più scambiati della Borsa, revisionati ogni tre mesi per verificare che abbiano le caratteristiche per essere scambiati su questa piazza virtuale.
L’azienda più capitalizzata al suo interno è la Sberbank, banca avente come azionista principale lo Stato con sede a Mosca. Altri titoli di spicco dell’Rts Index sono il colosso petrolifero Lukoil e la Polymetal, specializzata nell’estrazione di metalli preziosi.
Tra i due listini, il Moex e l’Rts, ci sono molti titoli in comune, anche se il secondo è più dinamico e comprende più attori bancari, e nonostante le differenze sostanziali che li separano è difficile dire quale dei due sia più incisivo a livello globale.
Quando nel 2014 l’entrata in vigore di sanzioni internazionali contro la Russia ha costretto gli investitori stranieri a disinvestire dai titoli locali, gli speculatori si sono comunque ritagliati il loro spazio nel mercato russo acquistando quote di fondi attivi (ETF) calibrate sull’andamento della borsa di Mosca.
di: Marianna MANCINI
FOTO: ANSA/EPA/VEGA ALONSO DEL VAL
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