Nel 52,9% dei lavoratori questo si traduce in maggior produttività, a fronte di un netto risparmio in termini di trasporti (81%) e di pasti fuori casa (73%)
Lungi dall’essere un fenomeno passeggero legato alle esigenze pandemiche, lo smart working è sempre più parte integrante delle pratiche aziendali, anche in Italia dove le imprese hanno superato le reticenze iniziali accogliendo sempre più forme ibride di lavoro. Ce lo conferma anche il sondaggio di MeglioQuesto realizzato in collaborazione con Tecnè coinvolgendo duemila imprese e 500 lavoratori.
Secondo questo studio dopo il Covid il 23,4% delle imprese ha cambiato la propria organizzazione di produzione e di vendita, implementando lo smart working. Questo si è tradotto nel 20,2% dei casi nella produzione di nuovi beni o servizi mentre nel 9,6% le imprese hanno dismesso linee produttive inattuali.
Nel 2020, dunque nel pieno del caos pandemico, il 56% del campione ha adottato il lavoro agile per i propri dipendenti; il 15,6% ha fatto ricorso alla cassa integrazione mentre nel 12,2% si è ridotto l’orario di lavoro. Meno consistenti i tagli al personale, con il 4% delle imprese che ha ridotto il numero di addetti.
Esaurita la fase più dura della pandemia, anche nel 2021 si è mantenuto un buon trend in questo senso: il 39,2% delle imprese ha continuato a ricorrere allo smart working, relativo al 28,9% dei lavoratori.
Nonostante le iniziali preoccupazioni, il 76,5% delle imprese ha dichiarato che il rapporto con i propri dipendenti non ha subito sostanziali smottamenti a causa del lavoro da remoto; questo, anche grazie all’implementazione di formule ibride, con gli addetti che nel 66,7% dei casi che si recano sul posto di lavoro una o due volte a settimana e comunque, nel 74,4%, sono in ufficio almeno una volta al mese. Solo il 4,4% dei lavoratori non si è mai recato fisicamente in azienda.
Dal lato della domanda, sono gli stessi lavoratori i primi ad apprezzare lo smart working: l’81% dei casi ha evidenziato come principale risvolto positivo il dimezzamento dei costi di spostamento mentre il 73% è contento di evitare i pasti fuori casa.
Nel 52,2% lo smart working è anche uno strumento per conciliare meglio la vita privata e familiare con il lavoro: un fattore che nel 52,9% si traduce anche in una maggior produttività.
Una “visione più comunitaria e meno gerarchica” come spiega il ceo di MeglioQuesto Felice Saladini, secondo cui il lavoro da remoto consente anche di “riscoprire il valore della fiducia della formazione e l’importanza del dialogo sociale“.
di: Marianna MANCINI
FOTO: PIXABAY
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