Si parla di allentamento delle regole sulla messa a riposo del terreno e di sostegni mirati agli allevatori
Rientrerebbe fra le misure di emergenza dettate dalla guerra la deroga nel settore agricolo alla quale starebbe lavorando la Commissione europea che prevede, fra le altre cose, l’allentamento delle regole di messa a riposo e l’abbassamento del tasso minimo di terreni incolti.
Lo scopo della misura, come ha spiegato al Parlamento europeo il commissario per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski, sarebbe quello di mettere più terreni a coltivazione e dunque aumentare la produzione alimentare dell’Ue.
In questo modo l’Europa muoverebbe un primo piccolo passo verso l’indipendenza dall’export russo e ucraino, arginando parzialmente la spirale di rincari di oli, grano, soia, colza, girasole e mais.
Oltre ai prezzi alle stelle, l’Europa deve poi vedersela anche con le minacce di Mosca che ha ventilato la sospensione delle esportazioni di fertilizzanti, altro settore nel quale il Vecchio Continente è fortemente dipendente.
Il pacchetto di misure di emergenza sarà presentato il 23 marzo: «servono deroghe sui terreni incolti – ha spiegato il commissario – Sono molto importanti per la biodiversità, ovviamente, ma non credo che questo sia il momento di lasciare queste terre improduttive».
Per questo, si consentirà una sospensione delle regole “in modo da poter utilizzare questi terreni per la produzione di proteine, perché ovviamente manca il cibo per gli allevamenti“.
Le regole in merito alla coltivazione, che entreranno in vigore nei vari piani nazionali da gennaio 2023 nell’ambito della Pac, prevedono che le aziende agricole di dimensioni superiori a 10 ettari lascino almeno il 4% dei terreni incolti, così da restituirli alla natura.
Si punta anche a rinforzare la produzione di carne, con sostegni mirati agli allevatori di suini e allentamenti alle norme sugli aiuti pubblici.
Per la prima volta, si pensa anche ad attingere ad un “fondo di crisi” di 500 milioni di euro circa già destinato ad aiutare gli agricoltori in periodi di forti fluttuazioni dei prezzi. A questa somma si andrebbe ad aggiungere un miliardo di euro di co-finanziamento con gli Stati membri.
Le conseguenze della guerra si prospettano poi particolarmente gravi proprio per l’Italia. A premere per la strada dell’autosufficienza è anche il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, secondo cui per anni Roma ha perseguito una “logica sbagliata e fallimentare” basata sulla “delocalizzazione di produzioni e aziende“.
Ora, invece, è il momento di capire “l’importanza di essere aperti ma senza delocalizzare risorse e settori strategici“.
«È vero che importiamo poco in termini percentuali sul grano tenero da Russia e Ucraina – prosegue – ma sono il terzo produttore mondiale quindi la situazione va a incidere su altri mercati e, di riflesso, sul nostro».
In merito allo sblocco dei terreni agricoli a riposo nei progetti dell’Ue, Coldiretti ha “stimato che si può recuperare un milione di ettari di superficie, su 12 milioni totali di terre coltivabili“. L’obiettivo, a quel punto, sarà di creare anche dei bacini di accumulo dell’acqua per “pensare di arrivare a una buona autosufficienza dall’estero” nell’arco di “6-7 anni“.
di: Marianna MANCINI
FOTO: PIXABAY
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